Anna Finocchiaro, presidente del gruppo PD al Senato, si lamenta di essere stata inserita, in una lettera cui Serra aveva risposto in un numero precedente, in un elenco di esponenti della sinistra che mandano i figli alle scuole private. "Per scelta, convinzione e tradizione mando le mie figlie alla scuola pubblica", precisa.
La risposta di Serra si articola in tre parti. Nella prima si scusa con Finocchiaro per aver aver avallato, pur in buona fede, una notizia falsa.
Nella seconda, spiega la genesi della notizia falsa. Nasce su Il giornale, dice, da un articolo di Antonio Signorini del 25 ottobre che pubblica una lista di personaggi di sinistra che mandano i figli alle scuole private. In quella lista è inserita anche Finocchiaro, del tutto immotivatamente (e non è la sola a quanto pare a essere stata inserita di frodo). Poi, sostiene Serra (e questo è ciò che "lo ha maggiormente colpito"), è internet ad aver centuplicato gli effetti di quell’errore: alcuni blog hanno ripreso la notizia dal Giornale e l’hanno diffusa.
Chiude Serra, come è suo costume, con la morale, che conviene riprendere per intero: "Fa davvero pensare la velocità e la totale mancanza di controllo (e di autocontrollo) con la quale le bufale galoppano in Rete. Una goccia di veleno su un foglio di carta diventa in poche ore un torrente in piena. Quanto alla verità non fa più parte del dibattito, né su carta né su video".
Ora, la difesa dei propri errori tramite attacco ai passanti ("è stato lui, signora guardia") è così imbarazzante che bisognerebbe per pietà fermarsi qui e non infierire. Ma perché avere pieta?
Dunque abbiamo: un giornalista che diffonde bufale su un quotidiano, il suo direttore che non controlla, un altro giornalista che le riprende su un settimanale (in buona fede, ci mancherebbe) e un altro direttore che parimenti non controlla. Oh, succede. Ma la questione che fa riflettere Serra è la mancanza di controllo e autocontrollo "dei lettori", che non solo hanno letto la notizia ma ne hanno parlato tra loro, così diffondendola. Me’ cojoni.
Evidentemente secondo Serra i lettori del Giornale e delle sue proprie rubriche sono talmente pochi che la diffusione delle notizie in rete diventa responsabile anche dei guai propri della loro confezione e pubblicazione precedente. Era solo una goccia d’inchiosto, via, che colpe possiamo darle? Vuoi mettere col torrente in piena? Poi i giornali li leggiamo noi, persone colte e responsabili, mica la massa di scimuniti che va nei centri commerciali e si rimbambisce con feisbuc.
Viene da chiedersi: ma questo autocontrollo o controllo che Serra pare auspicare per la rete, vale anche per gli altri sistemi di diffusione di notizie? Voglio dire, se io leggo una notizia su Repubblica e ne parlo in tram al mio amico Gino, e il signor Amilcare ci ascolta e, arrivato in ufficio, difffonde la notizia tra i suoi colleghi, tra cui la segretaria Palmira, che giunta a casa ne parla con la madre Assunta, ecco, tutta questa catena sarebbe il caso di sottoporla a un po’ di controllo, no?
Perché il fatto che una notizia si diffonda attraverso l’aria o l’elettricità non dovrebbe poi fare così differenza, conta il meccanismo, e quello pare proprio lo stesso (scopertona: la rete non è un medium come gli altri, unidirezionali, ma simula la realtà interumana; ciò che pomposamente vien detto interattivo non è che la banale esperienza di vedersi "rispondere" dal "mondo", fatto che ci accade in ogni istante parlando e persino prima, afferrando la forchetta o respirando).
Dunque, par di capire per logica che a Serra un po’ di sano controllo (scusi, autocontrollo) alle conversazioni sul tram (ops, in rete) non sembra così sbagliato. Non sarà mica una questione di quantità: poca diffusione o tanta diffusione. Se una cosa è sbagliata è sbagliata nel poco come nel tanto. O è una questione di ciò che rimane? Le cose scritte in rete rimangono, i pensieri di mamma Assunta invece… Eh, accidenti, ho idea che rimangano pure quelli. E dunque? Lobotomia?
Fa davvero pensare la velocità con cui la sinistra e la destra si somigliano, a volte.
Quanto alla "verità": forse esigerla da chi parla sul tram non è così sensato. Se pretenderla dalla rete, è evidentemente ancora materia troppo oscura per queste latitudini: istituiremo una commissione parlamentare di indagine. Ma a chi scrive su un giornale, ecco: lì pensavamo che fosse richiesto per dovere autoattribuito (si badi: nessuno ce lo ha imposto, noi giornalisti ce lo siamo assegnato da soli), insomma per deontologia, per procedura, per correttezza. Ma capisco che è senz’altro più rassicurante dare la colpa a chi legge.