se non puoi zittirli, uccidili

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Appare logico, dopo un’iniziale impressione di saturazione e di rumor bianco, che all’aumento degli autori-attori aumenti la probabilità che tra questi ce ne siano alcuni che incontrano il gusto del singolo (e il gusto di ognuno singolarmente preso). Ritenere che diventi più difficile trovarli è una distorsione operata dalla sopravvivenza di un modello di medium ad accesso scarso, funzionante attraverso il principio di massima visibilità potenziale e la tendenziale reductio ad unum dell’audience, mentre questo funziona col principio della proliferazione interminata e in-descrivibile di isole di affinità. Che per il singolo sia impossibile, qui, conoscere tutto o anche un’approssimazione vaga al tutto è nella natura dello strumento, dato che il principio che vige è l’opposto: per chiunque è possibile trovare qualche forma di udienza e di ascolto affine, solo potenzialmente raggiungibile da tutti. C’è un elemento di oblio inaggirabile in questo archivio di memoria, in cui perdere quasi tutto e perdersi in prima persona è il presupposto per trovare qualcosa.

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Si sta cioè passando da un sistema di comunicazione ad accesso limitato e forte validazione (che non sempre coincide con verifica) a un sistema misto di info-relazione, con accesso molto più aperto e livelli di validazioni assai variabili. Dove non c’è alcuna forma di verifica e la validazione è improvvisata, è tautologico che vi sia maggiore possibilità di errore, come accade in qualsiasi conversazione sulla pubblica via dove ognuno dica quello che gli pare e solo a volte qualcuno tra i presenti abbia la competenza per correggerlo. Nel sistema della scrittura in rete questa possibilità di correzione aumenta un po’ perché la presenza è asincrona e vi è un minor rischio nell’esercitare la critica, ma non aumenta poi di molto, almeno finché si pensa – in modo un po’ astratto – tale sistema come separato dal resto.

Ci si sbaglia però pensando che l’interesse puramente informativo di queste scritture sia quello di fonti, o che l’informazione coincida con un set prestabilito di argomenti (quelli "seri");  al contrario l’utilità relativa di queste pagine emerge proprio nei casi in cui si adoperano a costruire e mettere a disposizione dei percorsi – anche del tutto consegnati all’interesse individuale – attingendo con giudizio e competenza almeno amatoriale allo sterminato campo delle fonti più o meno validate, di cui fanno una personale selezione presentandole a un pubblico potenziale di non addetti desiderosi di saperne di più ma impossibilitati, com’è ovvio, a occuparsi di tutto. Semmai il punto è se esistano sistemi di selezione collettiva di tali percorsi tra i più e i meno meritevoli e laddove esistano se siano affidabili (il ricorso ad esempio allo strumento della rozza classifica di popolarità appare tra i più dubbi).

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Come si sa, delle conversazioni è interessante proprio l’aspetto non verificato, che solo permette di avere un accesso diretto a forme di sentire più o meno diffuse: l’elemento di interesse preletterario  della scrittura in rete come spaccato e racconto della "giornata sociale" di una moltitudine di sguardi, più volte descritto, nasce da qui. Per questo inoltre la scrittura in rete è emersa come strumento dotato di una sua forza originale proprio in quei settori – tipicamente "politici" in senso antropologico – che riguardano la formazione dell’opinione e il "sensus", in parte contribuendo assieme ad altri fattori al deperimento del concetto stesso di opinione pubblica (tale concetto è infatti inscindibile da una condizione di scarsità di accesso  e tendenziale costruzione di blocchi massivi di attenzione, del tutto spiazzati dal fenomeno della proliferazione tribale di "intorni di affinità" o code lunghe).

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Il fatto che in un sistema misto si assista a una maggiore aderenza tra parlante e argomento è alla base, da un punto puramente descrittivo, da una parte della possibilità stessa di costruire intrecci di affinità, dall’altra del possibile emergere, dato il contesto ampiamente orale-gestuale, e in casi fortunati, delle singolarità in quanto monstruum idiosincratico, con possibili effetti autoriflessivi di limitazione dell’io, riconoscimento dell’altro-in-sé e inglobamento delle tendenze narcisiste in un quadro più adulto (l’emergere ricorrente di domande autoreferenziali circa "ciò che facciamo qui" ne è testimonianza laterale).

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Va detto che la trasformazione anche profonda di un sistema è difficile da valutare con un semplice giudizio di valore (meglio-peggio), sia perché quest’ultimo è soggettivo, sia perché la situazione apre possibilità nuove ma assieme anche rischi inediti (in qualche caso anche terribili). Dire è bene o è male è quasi inevitabile, ma farlo una volta per tutte è gratuito.

È infatti difficile, a titolo di esempio, pensare come piacevole un luogo dove le semplici conversazioni siano sottoposte a validazione oppure ognuno possa aprir bocca solo per dire cose verificate (peraltro si pone il problema di chi o cosa e in quali campi e come si stabilisce la verità: non esistono esempi se non limitatissimi e settoriali di autorità scientifiche preposte al controllo dei media, mentre è costume che tale controllo sia sottoposto ad ampi vincoli di tipo per lo più socio-politico).

E d’altro canto, se il nuovo sistema può essere descritto come più libero, va osservato che nessuna libertà va intesa in senso assoluto ma è sempre relativa a un campo: il fatto che tutti possano scrivere e farsi leggere più facilmente rispetto a una situazione di disciplinamento rigido, può fare tranquillamente capo a un campo di controllo che incita alla presa di parola come elemento di inclusione in un ordine discorsivo già completamente pregiudicato nei suoi termini e nelle sue forme (il che sposta la modalità del comando illiberale ma non lo rompe): il topo in gabbia che corre per tutto il giorno nella ruota si muove molto di più della pigra tartaruga nella gabbia a fianco, ma non è per questo più libero.»

Sir Julius Bartholomy Windlass, brani tratti da "Tribe and speech", Oxford Press, 2012, pag 1743-1755

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