il prezzo del biglietto

Un giorno, il più grande violinista vivente si ferma in una stazione della metropolitana di Washington (facilitato dal fatto di essere americano), estrae uno Stradivari e suona brani classici da vertigini per 43 minuti.

Non è chiaro cosa volesse dimostrare; ovviamente quello che accade è che non se lo fila quasi nessuno. Alla fine però, nell’indifferenza generale, si porta a casa 32,17 dollari (e giustamente nota: «Beh, potrei viverci, e non avrei neanche bisogno di un agente!»)

Il ruolo del contesto è un po’ la scoperta dell’acqua calda.
«Quando ti esibisci per un pubblico pagante – riflette il violinista – il tuo valore è già riconosciuto. Ma lì, ho pensato: perché non mi apprezzano?». Ovviamente perché nel primo caso c’è il contesto, l’informazione, la validazione interna del sistema dell’arte con i suoi critici, le sue riviste, i maestri di violino, i professori di estetica, il pubblico di appassionati, i colleghi, ecc., poi il prezzo del biglietto, la sala… Un’infinità di pratiche in atto che inquadrano il fatto e il suo valore. Al punto che senza quel contesto quasi quasi il fatto nemmeno esiste, almeno per il 99% dei passanti, cioè io, tu, lei ecc.

In una sala da concerto i rapporti sarebbero invertiti: il 100% del pubblico riconoscerebbe a priori il valore dell’evento, anche solo per emulazione o gregarismo e non capendo nulla di musica. Tutti saprebbero che "quello è il più grande violinista vivente", perché così è scritto sulla locandina all’ingresso.
Allo stesso modo, probabilmente, se la tv annunciasse: domani alla stazione di Rogoredo si esibirà il più grande violinista vivente, si radunerebbe una folla del tutto paragonabile a quella dei consueti concerti di violino, più qualche curioso.
Ma se i passanti di Corso Venezia fossero teletrasportati in una sala da concerto, continuerebbero per lo più a disinteressarsi dell’evento cui gli tocca assistere, ma apprezzerebbero all’istante il suo valore, che possono infatti disconoscere solo dopo avere riconosciuto.
Dunque, quel valore non dipende dal numero di persone che apprezzano, ma dal contesto. Nel contesto giusto, quella è grande arte. Al di fuori «è solo un ragazzo che strimpella»; per questo il "valore" esprime già in sé il proprio esser destinato all’oblio nichilistico, o almeno così ho letto da qualche parte, ma sui significati filosofici di questa storiella glisso poco elegantemente.

(Una negoziante brasiliana presente al fatto, dopo aver bellamente ignorato il musicista, afferma con una certa sicumera: "Se qualcosa del genere fosse accaduto in Brasile, tutti si sarebbero fermati ad ascoltare, non qui. Un paio di anni fa un barbone è morto, e non si è fermato nessuno". Il che, al di là della nota di sociologia della banalità, non fa che confermare il ruolo del contesto, cioè del riconoscimento interno a una serie di pratiche. In Brasile sarebbe accaduto altro, all’Esselunga altro ancora, nella piazza di Vigevano di nuovo altro…).

Pensa poi se, in un angolo qualsiasi di una città – che magari "non esiste" – uno si mettesse a strimpellare o a declamare, e non fosse nemmeno il più grande declamatore vivente, anzi se fosse un declamatore qualsiasi, uno degli infiniti mostri che stanno in basso. Quel che accadrebbe, al netto di interventi "esterni" tipo un buon ufficio marketing, è che verrebbe "riconosciuto" a orecchio da qualcuno, che si fermerebbe apprezzando, e ignorato da tutti gli altri. E questi uni e questi altri non sarebbero in rapporto al suo "valore": il caso del più grande violinista vivente lo conferma.

(Tra parentesi: ciò segnala che qui non si sostiene affatto che "qualsiasi cosa è arte, dipende dal contesto", semmai il contrario).

Si dice: "le parole troveranno dal sole i propri destinatari", il che significa però che troveranno solo quelli, e non è sensato ne trovino altri, e purché la metropolitana non sia chiusa per sciopero.

Cioè: in condizioni normali – si potrebbe dire: quando la prossimità è di tipo prevalentemente tattile, il che accade nel vis a vis oppure nella disseminata tattilità secondaria creata elettronicamente – la proliferazione delle minoranze, che altri chiamano coda lunga, è la soluzione ecologicamente più probabile (il che non fa che aggravare la mia perplessità quando leggo questi pur interessanti dibattiti).

Pensa com’è passata di moda l’utopia del «metti la tua musica sul nostro sito, con internet tutti possono diventare famosi”. L’esclusivo di massa, checché se ne dica, non c’entra con la rete.

18 thoughts on “il prezzo del biglietto

  1. Così per dire, due spiccioli di riflessione.

    Si dimentica un aspetto importante che è l’intenzionalità dell’agire, cioè il fatto che benché il miglior violinista del mondo suoni nel tunnel della metropolitana, io lì ci sono (normalmente) per andare a prendere il treno. Va be’. Se devo fare qualche portafoglio magari dieci minuti li spendo ad ascoltare il concerto per violino di Brahms, ma poi …

    L’arte, anche la migliore, non agisce come una folgorazione seduta stante, pena (?) un’umanità Comfortambly Numb à la Pink Floyd.

    Spero e credo che gli “interessanti dibattiti” siano il motivo dei tag “blog pippe” e “superpippe”. Mai troppo ben accolto sarà l’invenzione tecnologica capace di sciogliere in un acido virtuale gli atti di cotante tag-motivazioni.

    P.S.

    Bisognerebbe ricordare alla negoziante brasiliana che con cotanta sicumera ci dice che “un paio di anni fa un barbone è morto, e non si è fermato nessuno”, che nel suo paese, che ho visitato due volte, di barboni ce ne sono e ne muoiono molti di più, e che la gente si ferma, è vero, ma per spostarli perché ingombrano.

  2. io sarei certamente passata senza filarmelo per niente, o meglio, non me ne sarei accorta

    francamente, come si può pensare che un genio e uno stradivari da tre milioni di dollari attirino l’attenzione di chicchessìa vada al lavoro, la mattina presto, in ambiente ostile e senza aver bevuto il primo caffè?

    l’attenzione tende allo zero assoluto, è evidente

  3. Rifacciamo l’esperimento?

    Prendiamo un violinista bravo ma non famoso come il nostro protagonista.

    Il nostro fiddler sta a buskerare non per una giornata, ma per sei mesi, in un posto dove invece di avere il pepe al q la gente ha agio stare quanto vuole, senza dover pensare “se non mi sbrigo perdo la rossa”. Le probabilità che il nostro venga apprezzato ed ascoltato con attenzione da qualcuno diventano 1 (certezza).

    Il fungo più prelibato nel bosco era un fungo e basta fino a che qualcuno non l’ha assaggiato e l’ha raccontato agli altri. L’assaggiatore era nella coda lunga, e se l’è pestata.

  4. un tale moskowitz, che è uno strafigo nel campo dell’analisi sensoriale (talmente figo che la chiama consumer science, non so se mi spiego), una volta s’è messo d’accordo con la mensa di una delle due o tre università dove insegna e gli ha fatto servire la solita sbobba, ma facendo arredare il salone a settimane alternate con bandierine italiane o roba del genere. quando c’erano le bandierine e magari in sottofondo la tarantella, ovviamente di mezzo c’erano i soliti questionari, i più avrebbero scommesso che c’era un menu etnico.

    morale: pare proprio che il contesto abbia un suo porco perché.

  5. strano che sull’argomento la sinistra non abbia dato colpa all’imperialismo russo e americano e che la destra non abbia tirato fuori lo scontro di civiltà

  6. Mi associo ad Adrix e provo a estendere: Joshua Bell suona per un’ora in metropolitana, tutti i giorni alle nove di mattina. Grazie al passaparola, i suoi spettatori entusiasti crescono di giorno in giorno fino a che i normali passeggeri, disturbati dall’assembramento, lo fanno arrestare.

    Gaspar

  7. rispetto ad altre forme d’arte più immediate è difficile riconoscere la bellezza autentica nella musica.Facilissimo invece essere presi per il culo dalla congrega che gestisce gli eventi musicali

  8. immagino sia: l’arte è una cosa sola in un solo contesto (cioè, se quel contesto muta al punto da sparire diventando altro, muta anche l’arte al punto da sparire diventando altro – e senza tragedie se non nella memoria del contesto morto, tra l’altro)

    ma non è che sia proprio sicuro.

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