riassunto

«Dirò come stanno le cose per quel che mi riguarda: la scrittura in rete, anche quando prova a darsi un tono o uno stile e anzi in quel caso in modo ancora più beffardo, alla fine è poco più di una conversazione sulla strada o nel salottino buono, con tutti i tic le smorfie le posture e i gesti personali, proprio i gesti e i modi di fare e forse di essere che un estraneo che conosce bene mio padre ma non me riconosce all’istante la prima volta che mi vede, quasi quasi il corpo che si mette in mezzo, il mio corpo che l’elettronica non estirpa anzi concentra e potenzia, la mia importante e insulsa vicenda e le cose che non mi dico che diventano grandi come cartelli stradali in genere senza che io lo sappia o lo voglia; è una scrittura bassa e fluida e irrimediabilmente promiscua, facile a darsi via, più prosaica della prosa, media e mediocre, popolana. Non riesce ad avere né la rigidità solitaria della scrittura pubblica né la raccolta intimità di quella privata, pur essendo in qualche modo entrambe le cose. È singolare ma non individuale, di tutti ma non collettiva, è toccare senza mani, ascoltare senza orecchie. E lo splendido e sordido regalo che mi viene da lei, e questa è poi la sola cosa che volevo dire, il suo regalo è la certezza resa quasi incancellabile di essere, in qualche modo, più o meno o a volte o quasi sempre, un mostro».

(dedicato al Sir)

4 thoughts on “riassunto

  1. Le dirò: l’idea che sia una roba di strada in fondo mi piace. Sull’essere un mostro, in quel senso lì, ecco: non so. Troppo onore, mi verrebbe da dire.

  2. consideri che nell’antichità venivano catalogate anche divinità (cioè mostruosità) minori, che so il dio del tavolo da cucina, la dea dell’insalata, il demone della birra. Ecco, non le va di fare il demone della birra?

    Un paio di sere a settimana, via.

    bg

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