lepre marzolina – 2

Poi c’è chi non gli vanno i dirigenti, i fassini, i rutelli, i dalemi, e con questi quasi perdevamo.

A parte che, in termini numerici, sono i dati migliori di sempre.
Ma comunque.

Io che ho ricominciato a votare da una decina d’anni, ho smesso col voto emotivo (e anche con quello ideologico: del resto non esiste in parlamento – e mai esisterà – un partito liberale di ultra-sinistra, quindi non scelgo in base alle mie presunte idee).

Piuttosto cerco voti utili (non vorrei dire razionali…). Voto "laicamente", cosciente che il singolo voto è piuttosto irrilevante, che puoi anche non votare e non succede proprio niente. Ma quindi puoi anche votare senza paura di tradire te stesso – che poi il sestessismo è alquanto sovrastimato come importanza – ma perché succeda effettivamente qualcosa.

Dato che pendo a mancina, e che il primo problema di un governo è stare in piedi, ho votato spero razionalmente quelli che imo non lo faranno mai cadere: ds di qui e ulivo di là. E mi sento piuttosto soddisfatto (sul futuro di questo governo, riconteggio permettendo, ho detto sotto).
(nb: con questo criterio, a ben vedere, anche rifonda andrebbe bene. Dubito proprio che faranno due volte lo stesso errore).

Ovvio che costoro non rispecchiano tutte le piccole idee in cui mi riconosco quando sono solo al chiaro di luna. Ma sono abbastanza grande per non pretenderlo. Ed essi sono a loro volta abbastanza grandi per avere in sé intere correnti che contano da sole – in termini reali, non di tattiche d’aula – più di qualche partitino testimoniale tutto intero, e correnti di tutti i tipi, persino laiche e moderne!

Imo l’idea che per fare politica occorre "entusiasmarsi" è fallace. Occorre tempo, molta (molta) pazienza, e se sei fortunato idee e capacità.
L’entusiasmo serve a chi non si interessa di politica per votare, ma è un’altra cosa.
E il tornaconto, sempre per la mia esperienza, non è la realizzazione dei propri obiettivi o opinioni che, se si è in uno spazio democratico, difficilmente è mai totale, a meno che non si aboliscano gli altri. Il tornaconto è il lavoro comune in sé. Le opinioni (che non sono le idee) sono anch’esse sovrastimate.

Certo, se si pensa che fare politica voglia dire votare, allora è dura quadrare il proprio personale cerchio. Che io sappia, "lo stato di cose presenti" non si muta col semplice voto. Tale mutamento è invece sempre in atto, a sentire il nostro vecchio capo. Sappiamo vederlo qui e adesso questo atto, questo movimento reale? Questa specificità di visione dovrebbe distinguere la sinistra dalla destra. (curioso che per molti invece essere di sinistra voglia dire precisamente "non vederlo").

E certo, i dirigenti del centrosinistra non sono esattamente una meraviglia, per essere gentili. Ma come si dice: è il mercato, bellezza.
Dubito impediscano a nessuno di essere più bravo di loro. Quindi?

(è tutto gia apparso qui)

11 thoughts on “lepre marzolina – 2

  1. La scelta di fondo dà struttura.

    Il voto manifesta la struttura interna di un ateo. Strutturati in modo empatico, a sinistra, si resterà per sempre insoddisfatti.

    Ma E’ la scelta di fondo.

    Chi non la fa è destrutturato, semplicemente.

    Un po’ alla Mentana, la spina dorsale si piega al peso del portafoglio.

  2. D’accordissimo su tutto tranne che sull’ultima riga.

    Ovviamente non possono impedire a nessuno di essere più bravo di loro, ma possono impedirgli di emergere, cosa che

    l’età media e lo scarso ricambio della dirigenza di centrosinistra suggeriscono fortemente.

    La politica è un ambito di risorse scarse (soprattutto se pensi alle posizioni in cui si decide davvero qualcosa) e chi le occupa può fare da tappo, se vuole.

    Cofferati, che poteva essere al posto di Prodi ed invece fa il sindaco di Bologna, mi sembra un caso emblematico.


  3. ALT: qui parla Una. Una, da piccola (piccola, sì, anni 9) si autodefiniva ‘liberal-comunista’. Fuori dalle righe: i mendicanti mi facevano pena, avrei voluto per tutti una casa o quantomeno un litro di latte da bere sotto un ponte con un plaid, o una casupola come quella che facevo io sotto le tende, mettendoci le sedie. Alè, bambini di allora, ve lo ricordate? – insomma una tana – una tana, sì. E stranamente mi ritrovo a volere la stessa cosa. Non impersonando qualcun’altro, solo interpretando me

  4. angelita, ora vengo a leggere 🙂

    sir: non così nuovo forse (casomai conto sul suo voto, ok?)

    montag: la mia lettura della querelle cofferati è diversa dalla tua. Dubito che sia mai stato un’alternativa seria in termini di leadership del centrosinistra, e se lo avesse voluto avrebbe dovuto lottare. Nessuno gli ha messo una pistola alla tempia per andare a fare il sindaco. Semplicemente non essendo sciocco si è reso ben conto che non aveva i numeri – in termini di consenso – nemmeno per avere la maggioranza nei ds (e di certo non aveva un progetto per tutto il centrosinistra). Al massimo avrebbe fatto il leader della sinistra interna. Perché, salvo notizie dell’ultim’ora, nei partiti democratici contano i voti e la capacità di conquistarseli. E invece che stare in mezzo, ha preferito ritagliarsi un ruolo all’esterno, forse nell’attesa di tempi migliori.

    lorenzo calza: non ci ho capito molto, ma è senz’altro un limite mio (ateo? portafoglio? ma di che parli?)

    b.georg

  5. Traduco, al contrario.

    Mentana come emblema. Veniva dalla sinistra socialista, adesso non vota più perchè prono, il suo portafogli gli impedisce sbalzi dignitosi.

    A me la sinistra ha dato/da struttura, e vedo nella politica un’idea di riscatto anche personale, non solo civile. Ed è un tema non solo elettorale.

    Ma siccome sento molti pippaioli radical che si astengono dal voto – mai dal giudizio – per i più svariati e snobbissimi motivi, li ritengo privi di “struttura”.

    Amebe inerti.

    Più chiaro, adesso?

    Sono moderatamente ottimista anch’io, e sono convito che ci siano stati brogli immensi.

    Avevano ragione gli exit-poll.

    Comunque, “ex malo, bonum”.

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