la dura verità

6.
Di buona lena, malgrado un progressivo dimagrimento che comincia a farsi evidente senza intaccarne la disciplina, l’uomo prende a tracciare sull’ampio quaderno una gran quantità di equazioni, grafici, cerchi concentrici, diagrammi con i quali intende riassumere una buona volta il conosciuto e prevedere l’ignoto, e in piena coscienza se ne parte in questo nuovo infiammato viaggio verso il vero. Ciò che per primo difetta al compimento è il supporto, ossia la carta. Dapprima egli cerca di porre rimedio alle limitazioni traspositive con l’acquisto di nuovi quaderni, poi ne incolla i fogli alla dimensione tazebao, li sovrappone, li incrocia, si inventa singolari accrocchi simili a torte nuziali multistrato in un furore di calcoli e impazienza, di visioni e irritazioni che rapidamente dilaga lasciandolo a sera vacillante nel corpo e nella mente. Incolla alle pareti alcuni provvisori risultati e prende a miniarli, istoriarli, compendiarli con frecce, iscrizioni, commenti, apre finestre ad anta nella carta e traccia note sull’intonacato, deborda dalla cellulosa armato di scala e biro fino al soffitto, lunghe file di caratteri partono in avanscoperta verso il lampadario, lussureggianti palme di commenti cascanti attraversano gli spigoli e giungono dall’alto al pavimento, lo stipite legnoso accoglie file ininterrotte di doppie colonne sommate in fondo al totale dello zoccolino, le vaste pianure verticali delle pareti germogliano di figure, schemi di raccolta, mondi riassunti in compendio calcolato che contengono altri mondi, tracciature, miniature, strappi di tappezzeria a fiorellini intorno ai quali spuntano petali di segni, foreste di simboli e insetti in movimento ininterrotto sul pavimento inzeppato di innumerevoli note a margine, botole e anfratti lessicali, nell’immobile sacca d’aria tropicalizzata e raccolta della casa da cui l’uomo smette definitivamente di uscire.

L’universo, che alcuni chiamano pagine gialle, si espande e contrae come un polmone invaso lungo assi a perpendicolo fino alle lontane pianure ghiacciate dove resistono solo forme di vita elementare. Pare non sia possibile percorrerlo nel suo intero e misurarne lo sviluppo quadrimensionale. Murato vivo nella sua proiezione planare l’uomo ha invece compiuto la sua evoluzione personale e seduto per terra seminudo nel silenzio del salotto istoriato dentro un vortice immaginario, comincia a ricordare il futuro e i volti accigliati il cui seme non è ancora stato deposto, fino alla fine dei giorni. Che sopraggiunge precisamente un mercoledì in tarda mattinata, dopo una breve sonnolenza priva di sogni, mentre scivola dal letto affrescato: un interminabile e smisurato secondo colmo di accadimenti immaginari, dopo l’impatto fatale del capo con la piastrella.

zac

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