sono libero, scelgo a cazzo di cane

La lista delle mie incompetenze è sterminata. Non so nulla di matematica liscia o applicata, nulla di economia, niente di chimica o di microelettronica, sono digiuno di giardinaggio, di solfeggio, di meccanica dei fluidi, di cinema russo, di futbol americano, di pastorizia e avicoltura. Ho una solida incompetenza in fatto di giurisprudenza, di sociologia urbana, di moda pretaporté, di come si cucina il soufflé e non so niente di niente di vulcanologia. Potrei continuare un giorno intero: le cose di cui non so niente sono un vasto impero di cui persino fatico a conoscere i confini. E naturalmente non so niente di fisica nucleare, di ingegneria e di tutti i rami annessi e affini.
Se fossi astratto dalla mia identità e mi si chiedesse: «Chi sarebbe bene decidesse di politica energetica nazionale e di energia nucleare?», io direi, che so: Rubbia? Rubbia secondo me ne sa. Sempre che tra Rubbia e colleghi non nascano problemi e divergenze, intrighi, altrimenti siamo di nuovo nella nebbia. «Ma non vorresti che a decidere fosse uno che ad esempio non sa niente?» Ecco, onestamente no. Di uno come me, non mi fiderei tanto. Io non mi farei decidere. Anche se, lo ammetto, sarebbe una ben grave decisione.

Intendiamoci: non sono del tutto coglione, ne so anzi quanto voi, ho letto i giornali, internet, le ho fatte tutte le discussioni da bar. E ho tutta una mia formazione politico-ideologico-sentimentale che mi ha portato già una volta a compulsare furiosamente tutte le fonti di se-dicente informazione e di conseguenza a esprimere un voto diciamo così ragionato, un’opinione, che si rivelò in quel caso piuttosto condivisa. E di cui non ho avuto modo di pentirmi in seguito (anche se è legittimo il dubbio che non mi sia lamentato a causa dell’ennesima ignoranza, quella circa il rapporto tra le cose di cui mi lamento abitualmente e quella decisione). Ma sono passati molti anni e francamente se ripenso al me stesso di quei tempi sono pochi gli aggettivi qualificati a descrivermi quanto: “scemotto e supponente”. Certo, c’è sempre la possibilità che non lo fossi del tutto. Ma se ciò che mi permette di valutare oggi la mia scemità di allora non fosse una sopraggiunta saggezza, ma una scemità soltanto più aggiornata? È un po’ come l’argomento: «Ma siamo un popolo cialtrone, non vorrai lasciare una cosa così pericolosa in mano proprio a noi?». Pericolosa quanto decidere se farla o no, dici? È un problema senza soluzione.

Certo, a sentimento, vorrei abitare in una città giardino, tutta verde e senza inquinameno. Uno di quei posti così romantici e credibili da essere tanto cari agli sceneggiatori di film dell’orrore, per intenderci. Certo, anche a me pare una faccenda assai pericolosa. Ma anche gli aerei mi danno il terrore e non son certo di volere che le mie tipiche reazioni («Siete pazzi, io su quel coso non ci salirò mai!») diventino per tutti un punto d’onore.

Tuttavia un parere occorre darlo, perché a decidere di non farlo si dovrebbere essere competenti in decisioni e loro conseguenze, e non è detto che lo siamo. La cosa non mi scandalizza. Sono abituato a dare pareri su cose di cui sono incompetente. E lo faccio volentieri, non mi costa niente. È la vanità dell’uomo moderno. Cosa deciderò? Mi affiderei volentieri alla disciplina di partito, ne avessi uno, anche di ritorno. In mancanza d’altro, mi baserò sui miei valori, sulle mie profonde convinzioni e sul futuro dei miei figli. Eccerto. È un fatto d’orgoglio. Io sono un uomo libero. Faccio quello che voglio, io.

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