punto fermo

Se penso che un tempo la mia opinione ferma, avendo forse in odio il figlio che sono, o lesser genitore, e volendone fuggire il destino a rotta di collo per gettarmi in una vita diversa e lontanissima da quella vissuta nell’infanzia e da una famiglia come tante

immagina: padre madre fratello, impiego fisso, lei casalinga amatissima, quarto piano al Lorenteggio, lui le notti nel ripostiglio a limare i bei sogni del dopoguerra infilati in bottiglia in forma di vascello fantasma, un’infinita abilità nelle mani ma sprecata, inutile come l’infernale diurno passacarte e d’estate la festa: un’anguria a freddare nella vasca, senza contare le sterminate sere nel tinello buono al lume della televisione e insomma, quanto t’odiavo e t’amavo allora padre mio, poi la tristezza sempre accanto e il fucile puntato degli sguardi altrui, il tallone del mondo sempre sulla schiena

e insomma volendo fuggire a capofitto verso una vita che immaginavo allora libera e senza lacci che fossero d’amore o di doveri e impieghi, capuffici, noia e non so dire con esattezza qual altra fantasia mi agitasse, e quale spavento e nausea, quale desiderio fortissimo e adolescente lungamente sviato: respirare, finalmente

ecco se penso che il mio intendimento fu in piena coerenza di non volerne di figli, per nessun motivo e anzi una volta, molto tempo dopo, quando pareva che l’errore un figlio l’avesse chiamato nostro malgrado io caddi stecchito proprio come l’adolescente che non ero più restando a fissare l’aria per tutti i giorni necessari alla smentita, e mi portavo inebetito qua e là riuscendo soltanto a mormorare qualcosa come e adesso? terrorizzato com’ero da quel “per sempre” che il divenire padre porta con sé e non perché la mia vita fosse poi come l’avevo sognata (anzi che te ne fai della libertà se ci sei nato a capo chino? ormai convinto comero di esser tagliato da un ceppo fradicio e inadatto al fuoco)

se penso che tutto questo accadeva in un tempo nemmeno lontano da una lunga, luminosa sera in cui tu issato sul mio ginocchio come sull’albero maestro chiacchieri la sola frase che sai, dentro un sorriso in cui non si distinguono carne e cielo e la tua mano non s’è ancora chiusa contro di me, come farà, e non conosci ancora questo ripostiglio di parole non migliore delle quattro pareti di mio padre, ora finalmente posso ridere di me e della smaccata, felice verità: quanto coglione ero, non l’immaginavo nemmeno. Quanto lo sono ora, non m’importa più.

21 thoughts on “punto fermo

  1. Appena ieri tenevo in braccio mio figlio, e mi stava tutto dal gomito alla mano.

    Mi sono girato un attimo, mi sono distratto un secondo, e me lo ritrovo un uomo diciannovenne universitario con la barba!

    Goditi questi momenti, che durano poco.

    Un abbraccio,

    Gaspar

  2. @ Gaspar: è possibile che “questo” sia anche un modo per non distrarsi troppo, o almeno per “salvare” qualcosa dalla consumazione inevitabile cui siamo sottoposti

    (ma non è detto che sia una strategia efficiente…)

    bg

  3. quando diventano adolescenti te lo spiegano infallibilmente loro, quanto sei coglione. Ed è in un momento come quello che sarà nata la teoria degli universi paralleli, più in forma di cocente desiderio che di algida speculazione

  4. bello.

    da un po’ mi risuona il mario di jannacci: “Mario, forse l’unica cosa di buono che hai fatto è non avere voluto figli, così non hai fregato il mondo. tra vent’anni chissà in quanti saremo in quanti rideremo”

  5. A me invece risuona questo:

    Una volta la mia mamma disse qualcosa che mi è rimasto proprio impresso. Mi disse: “Homer: sei una grande delusione”.

    Homer Simpson nella serie televisiva creata da Matt Groening, James L. Brooks e Sam Simon I Simpson (Ia stagione, episodio 4: “Amara casa mia”, 1989-90).

  6. Provo le stesse cose ogni volta che guardo i miei due piccoli, e penso alle mie parole – sciocche, ingenue – di non molti anni fa su qualcuno che si è scavato la vita a colpi di unghie nel muro, mentre io non capivo. Ma giudicavo. Succederà anche a me, di essere giudicato. Un po’ ne ho paura, un po’ lo spero. Cerco di prepararmi. Ci provo.

    Giorgio

  7. si cresce quando non si ha più paura, e si accetta di essere di cresciuti quando si accetta che a volte le cose ci spaventano. io ho ancora tanta paura, ma spero di riuscire a fare come te. che bello quello che hai scritto. marlene

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