uccidere il padre: istruzioni

Intanto non c’è alcuno scandalo, va detto*. Tutti i cinquanta-sessantenni che comandano oggi nei partiti italiani hanno politicamente ucciso il padre (chi per davvero, vedi D’Alema vs. Occhetto, chi col gentile concorso della storia, vedi Casini e Forlani, o Fini e Almirante, e si potrebbe continuare).
È del tutto normale. Il ricambio può funzionare per cooptazione, oppure per successione, o per pugnalata alle spalle… Alle volte persino perché qualcuno ti vota.

Però, insomma, ci vuole anche un po’ di cattiveria, questo sì. Il problema dei quarantenni del Pd mi pare sia stato finora un crampo mentale che li blocca a metà, tra la loro anima superdemocratica, che in qualche caso si spinge fino all’ingenuità, e il fatto che i partiti sono, almeno in Italia, strutture in cui il potere circola in modo che non ha molto a che fare con la democrazia, in cui il potere va più che altro conquistato e poi esercitato con un certo cinismo e disinteresse per le "sovrane istanze della base" (che guarda caso tutti i neodirigenti apprezzano finché coincidono con il necessario rinnovamento cioè il proprio desiderio di accedere al potere, e poi ignorano in seguito, sostituendone l’ascolto con l’espressione di un più o meno grande carisma personale).

Un partito che organizza la rappresentanza per accedere al governo, del resto, non può che funzionare strutturalmente secondo un principio di "riduzione all’unità", e questo è un problema forse insuperabile: deve dotarsi di una dirigenza ristretta, di una struttura in qualche modo verticale, di una burocrazia interna. I partiti proprio non esistono senza vertici, burocrazie, gente eletta, professionisti eccetera, e il rapporto con la base è sempre alquanto strumentale. Naturalmente è sempre possibile immaginare qualcosa di un po’ meno imbarazzante di certe votazioni bulgare su liste uniche cui abbiamo assistito pochi giorni orsono proprio nel Pd, ma anche questo sarebbe poca cosa rispetto all’ideale utopico di una fluidità totale e continua tra i livelli e di una permeabilità assoluta tra dirigente e militante, come tra rappresentato e rappresentante, che in qualche modo alberga nella testa di molti, lì dentro. Un ideale che mi pare avere più a che fare con l’invenzione di una gestione creativa della molteplicità che non con la sua consueta riduzione all’unità.

In questo scenario, sperare di prendere il potere e in più essere dalla parte giusta è un po’ troppo, almeno per una politica a livello umano. Chi vuole il proprio Midas insomma se lo deve confezionare, mettendo le mani nella cacca (nella propria, ovviamente). I casi di scuola sono noti.

E dunque veniamo a noi. Come fanno i quarantenni del Pd a prendere il potere? È presto detto. Potete prendere appunti.

Un gruppo di quarantenni di belle speranze, in politica, deve fare le solite cose, calate ovviamente nella specificità della propria situazione.

1. Individuare tra i propri membri un nucleo ristretto e rappresentativo di front men e tra loro un leader carismatico, e a costoro delegare buona parte delle decisioni tattiche sciogliendoli da vincoli di tipo "democratico";


2. dotarsi di una piattaforma politica originale, ma non troppo (nel nostro caso vanno benissimo le istanze già presenti: modernizzazione spinta ma dolce del Paese, lib-lab, coloritura progressista, laica, aperta, attenta alla riforma della democrazia e della rappresentanza, per il rinnovamento, l’ambiente eccetera eccetera. È necessario isolare anche qualche elemento di rottura col passato del partito: per dire, una
forte critica della stagione delle privatizzazioni gestita in passato dal centrosinistra, che ha svuotato l’economia e ha spinto la rendita parassitaria, può avere un buon appeal);

3. tradire i propri referenti e padri, soprattutto se troppo deboli, e allearsi con le correnti maggiori, quelle che contano davvero nel partito (fare i supporter di Veltroni, segretario fin dall’inizio sotto tutela e senza effettivo controllo della struttura del partito, è stata una scelta pessima, al di là degli aspetti ideali. Ma c’è ancora tempo per rimediare).


4. entrare negli organismi dirigenti grazie all’appoggio dei vecchi oppure dei nuovi alleati, anche per cooptazione o per vie non proprio limpide, alla faccia dei meriti da vantare in politica e del necessario rinnovamento democratico (e a questo ci siamo vicini, mi pare);


5. contribuire alla destabilizzazione interna, denunciare il pessimo stato del partito, indebolirne i vertici;


6. quando la situazione è matura, cioè dopo l’ennesima stangata elettorale (cioè tra un anno), spingere per la convocazione del congresso, e lì farsi indicare dalle correnti maggioritarie come alternativa giovane, di svolta, o anche solo di transizione, al debole segretario ed ex-padre cui vanno accollate ingenerosamente tutte le sconfitte. Dare ai propri "grandi elettori" un’impressione di  disponibilità ad essere manovrati, passare ai loro occhi come una soluzione debole e poco autonoma che possono usare contro il segretario senza esporsi personalmente;


7. una volta al potere, occuparne tutti gli spazi, esautorare immediatamente tutti i dirigenti delle correnti maggiori che hanno contribuito alla elezione ed eliminarli politicamente dagli organi decisionali in nome di una rivoluzione democratica che spazzi via la nomenklatura, ripescando invece come padre nobile in carica onorifica qualche dirigente della segreteria appena sostituita. In seguito consolidare il potere nei dirigenti locali e nella base.

Et voilà!

Ora, in tutto ciò, che ne è delle tensioni iperdemocratiche di cui si diceva prima, dello spirito di innovazione della rappresentanza, della "spinta costituente" che pareva molto confusamente aspirare a un nuovo e più fluido rapporto tra alto e basso, forse addirittura una nuova governance generale, a nuovi dispositivi di democrazia della decisione, che ha agitato l’esordio del Pd ma che forse scorre sotto traccia in una miriade di piccoli e grandi movimenti anche distanti tra loro degli ultimi venti anni, dai democratici referendari ai girotondi, dai social forum alle primarie, dagli esperimenti di bilancio partecipativo al no/new global? Ammesso che esistano, non era un’ingenuità e un errore pensare che quelle tensioni potessero trovare soddisfazione in un partito classicamente inteso, per quanto di onesti padri come Prodi o deboli figliastri come Veltroni?
Pace alle anime belle se la talpa scava ancora.

* Anche se, leggere tra i relatori nomi come quello di Pierfrancesco Majorino mi fa pensare che forse facevano prima a presentarsi con Topo Gigio.

12 thoughts on “uccidere il padre: istruzioni

  1. Insomma, per riassumere, potremmo definire in 7 fasi la tua proposta:

    1. AUTO-ORGANIZZAZIONE

    2. PROGRAMMAZIONE INNOVATIVA

    3. CORRENTIZZAZIONE

    4. “ENTRISMO”

    5. DESTABILIZZAZIONE

    6. CONGRESSO

    7. CONTROLLO DEL PARTITO

    Le problematiche che incontro in questa tua analisi sono

    1. fattibilità di riuscire a fregare i lider delle 2 grandi correnti (utlizziamo pure il tuo schema dei popolari e dei dalemiani) e farsi lanciare da questi senza che ti mettano attorno una serie di contropesi

    2. effettiva capacità di fare sintesi tra i 40enni –> manca la rete, è una coorte generazionale pesantemente di destra che si sente imprigionata

    3. effettiva volontà di fare sintesi –> perchè fioroni (candidato in pectore per l’area popolare) e cuperlo (per l’area dalemiana) dovrebbero accordarsi?

    4. fallimento costante dei progetti realizzati con l’idea “il potere per il potere”

    5. problematica inerente al fatto ke quasi tutti, a parte Letta, mancano di coraggio politico nel realizzare quella separazione dai lider

    6. sensazione che D’AlyMar siano la coppia piu svelta politicamente di tutto il partito, in modo talmente superiore a qualsiasi altro che faranno il buono e il cattivo tempo fin che morte nn li (ci) separi!

    Cmq credo che molto possa fare un giovane che decide di mettersi in solitaria, abbia idee e rompa decisamente gli schemi e i coglioni. L’esempio di Letta è stato chiaro. Ottimo pensiero politico ma poca verve hanno cmq prodotto un risultato positivo del partito e il “ragazzetto” (ormai 45enne) si è portato dietro fette di partito considerevoli!

    Se una cosa del genere la facesse qualcuno che sia percepito meno elitario, piu progressista e piu energico rischia di sbancare… Ad oggi mi vengono in mente Scalfarotto e Gozi (piu gozi che scalfarotto) ma purtroppo sono ancora troppo poco conosciuti e nel partito e nella società.

  2. enrico, grazie del commento assai divertente. tu però prendi troppo sul serio la pars construens e troppo poco la destruens 🙂

    cmq le tue obiezioni sono tutte sensate, specie la 6, e a parte i nomi (Cuperlo, mah… Letta, bah… Scalfarotto???? ma dai. E se Fioroni diventa segretario subito dopo atterrano gli alieni)

    :))

  3. Bè Cuperlo è accreditato da piu parti, ormai Il Riformista lo cita ogni 2 giorni, lo stesso Follini (??) dice che potrebbe essere il Segretario giusto…

    Letta l’ho sostenuto alle primarie perchè era il piu giovane. Obiettivamente so anche io che è impossibile sia un lider vero.

    Su Fioroni: “se arrivano gli alieni qualora divenisse segretario Fioroni, cosa succederebbe se diventasse segretario Franceschini?”

    Scalfarotto è simpatico. E’ sempre bello citarlo.

  4. eheheh

    c’è di buono che non perdete il buon umore 🙂

    (per dire, non oso pensare cosa sta succedendo dentro rifondazione di questi tempi… quasi quasi ci faccio un post. ah no l’ho già fatto)

    bg

  5. http://ulivo

    [..] uccidere il padre: istruzioni Intanto non c’è alcuno scandalo, va detto*. Tutti i cinquanta-sessantenni che comandano oggi nei partiti italiani hanno politicamente ucciso il padre (chi per davvero, vedi D’Alema vs. Occhetto, chi col gentile [..]

  6. ragazzi prepariamoci okkio sti nazisti e fascisti din sto govrno del nano ci stanno facendo ritorna re agkli anni del nazisno pronti a resistere

  7. il problema è che sia i padri che i figli sono delle emerite teste di minchia (scusa la raffinata analisi, non ho resistito).

    però, se si presentassero alcuni 40enni che penso io (“ma chi? quelli di quella rivista con quel nome strano?””si, proprio loro, guarda che sono ancora belli arzilli. li devi vedere con il giubbotto di pelle!”:))…

    clettox

  8. ho visto adesso la bio di majorino sul suo sito (che dalla data fatale in poi è deceduto). bellissimo: politico, scrittore, giornalista e addirittura autore teatrale. mi ricorda faletti, non so perchè

    clettox

  9. sì, ma del pensiero-wiki (variante 2.0 del pensiero weak, suppongo) vogliamo parlarne ? ho letto la parte relativa a “Merito e uguaglianza”, dove mi figuravo che la “creative class” de noantri avrebbe squadernato chissà quali teorizzazioni e mi trovo davanti un campionario di ideuzze (e sono buono) che neanche mia figlia quindicenne. Uno poi guarda la copertina del libro di Bologna (cominciato da poco) e gli scappa da ridere

    [OT: sei un po’ troppo cattivo con il libro di Formenti, che invece sto finendo: a me sembra utile come inquadramento e sintesi di certe posizioni e dibattiti. Non si può dire che pecchi di originalità, magari]

  10. be’, Dust, stiamo parlando della sinistra italiana: lì c’è gente che pensa che il postfordismo sia una corrente cinematografica.

    Su Formenti ammetto di essere stupidamente prevenuto a causa di antichi dibattiti, prometto che prenderò il libro.

    bg

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