pezzi di ferrara ovunque

Noblesse oblige, ogni tanto usciamo dalla retorica colla maglia pesante e ci occupiamo anche di cose terrene.
(Ehi, qualcuno ha visto il mio scovolino? M’è rimasta una lisca d’acciuga tra i denti…)

Così accadeva che dal sior Squonk si discutesse con piglio tribunizio come solo noi blogghi perlopiù ignoti sappiam fare del tema urto (participio passato di urgente, cioè trapassato) e così ristretto: il giornalismo italiano è tutto venduto da far schifo o cosa?

A tal proposito si citava il noto scapigliato Ferrara Giuliano, che così argomentava in altro, più alto, loco, non senza spudoranza:
«I giornalisti sono lavoratori dipendenti, il loro padrone non è il lettore ma l’editore, l’editore non è un contropotere ma un potere tra i poteri, e quel potere stipula regolari compromessi ad ogni latitudine e longitudine con lo stato, i partiti, le lobby e le altre potenze sociali».

Il sior Squonk, ertosi (erettosi? Insomma, ergendosi) a interprete di siffate divagazioni parafrasava da pari suo:
«A Ferrara sembra non interessare minimamente il concetto di informazione (termine che infatti non figura mai nel suo articolo), ma unicamente quello di formazione della pubblica opinione, che pare essere nè più nè meno di un esercizio di statistica: ognuno mette in bocca al lettore la sua polpetta più o meno avvelenata, e sta poi al lettore stesso calcolare la media ponderata di ciò che ha sentito (o letto, o visto) per crearsi il quadro dei fatti e la conseguente opinione, facendo la tara di tutte le falsità o distorsioni o parzialità che – lecitamente, secondo Ferrara – gli vengono propinate, e a pagamento».

Inquietatosi, riassumeva:
«Siamo tutti così, e quindi meglio che nessuno si atteggi a vergine in mezzo alle puttane».

E chiudeva coll’amarognolo quesito: e se Ferrara avesse ragione? (limortacci)

Sinoforse, eggià. Presero alcuni la parola piuttosto unanimi ma questa sfuggiva loro rapida e il locale si empiva frattempamente di fumi passivi e pigrizia altrettanta.

Finalmente, dopo aver affermato che sì, il costui ha ragione se guardiamo all’oggi, dacché i giornali sono proprietà di potentati economici che si fanno dei bei cazzi loro, colui nomato wizzo affermava come un sol uomo nel mezzo del consesso:
«Avete mai visto un giornalista di Repubblica contro De Benedetti?, o uno della Stampa contro gli Agnelli?, e pensate che al manifesto, giornale cooperativa dove forse la libertà del singolo ha i margini più ampi, se uno, poniamo, volesse difendere anche un solo comma della legge 30, pensate troverebbe lo spazio per farlo?».

Non senza concludere, ficcatamente:
«La libertà di informazione si misura con l’ampiezza del numero delle fonti a disposizione del lettore. Dell’informazione che si spaccia per verità tout court è sempre bene diffidare».

Un qualcerto vibramento si notava nell’aria localizia pervia dell’opinione inusuale e cosìben esposta.

Il vostro quipresente, trovatosi non richiesto nel mezzo dell’animato questionare, e al solito non discordando pressoché con nessuno dei presenti e degli assenti, buttava lì colla sua spocchia che ben gli si conosce e il linguaggio ciclostilista da burocrate amante delle circolari, un consueto colpo cerchiobottista ammantato di sottile penetrazione analizzatoria (cosa avevato pensato?):
«Il problema non è la verità, wizzo, ma la possibilità da parte di ogni singolo operatore di esercitare l’indipendenza di giudizio (che non coincide con la verità, ovviamente, ma con la deontologia professionale – non riguarda il contenuto ma il metodo)».

Non avendosi obiettato, si procedeva spedito:
«L’alternativa a questa individuazione della responsabilità (molto borghese, in senso nobile, e forse per questo ideologica? In tal caso quella che illustro non sarebbe un’alternativa ma la “sua” verità) è la moltiplicazione delle dipendenze, la lottizzazione delle opinioni consentite. Che, occorre ammetterlo, è quello che in media succede in italia. In questo schema l’indipendenza di giudizio si esercita più precisamente attraverso la libertà di vendersi all’interesse che più ci aggrada, sperando o calcolando che coincida col nostro.
Ma questa moltiplicazione, si può esercitare in un solo modo, e precisamente quello noto in italia, dove vige la compenetrazione tra potere economico, sistema politico e operatori dell’informazione?».

Giunto a questo punto, io mi sentiva come fossi emesso a reti unificate, e rilasciai un vaticinio come si rilascia un peto:
«Ora, Ferrara fa sempre, in tutti i campi in cui si applica (la politica in primis) questo esercizio di cinismo, che fa passare per sincerità: “la realtà è schifosa, l’uomo è malvagio, l’interesse prevale – il proprio per sé, e quello del più forte in generale – chi non lo ammette è un ipocrita, ammetterlo è l’unica possibilità per tenere lo schifo almeno sotto controllo, per regolarlo, per bilancare gli interessi".
E fin qui, de gustibus, ognuno si elabora la metafisica che più gli corrisponde.
Il punto è che lui, come il giocatore delle tre carte, da questa presa d’atto deduce, in modo spurio (e interessato: la coerenza non gli manca) che QUINDI ciò che accade, accade come accade e non è in alcun modo modificabile.
È un ragionamento pigro e onnicomprensivo, che egli applica anche a campi in cui non si giustifica granché, se non con un teorema preventivo di scadente scuola hegeliana, per cui ciò che è reale è razionale (o irrazionale, che ce importa?)».

Ancora non finiva:
«Quindi, se in italia la pluralità dei giudizi si esercita tramite la lottizzazione economico-politica degli accessi alla “voce pubblica” – e non tramite prassi e regolamenti soggetti a sistemi di controllo terzi a garanzia dell’indipendenza di giudizio degli operatori, come pure accade altrove – questo è ciò che accade, è ciò che va riconosciuto, e quindi è ciò che va accettato. Accettarlo predispone all’accesso di tutti (o di chi rappresenta interessi sufficientemente articolati e potenti) alla lottizzazione, che è la sola garanzia “reale” della pluralità del giudizio.
Ferrara ha ragione contro chi ingenuamente pensa che l’interesse non esista (cioè con chi fa coincidere la verità con il proprio interesse, senza nemmeno riconoscerlo come tale), ha ragione contro il legalismo delle anime belle che immagina gli uomini forniti di eguale potere e eguale “capacità di resistenza” all’interesse altrui, ma ha torto sostenendo che, dati gli interessi esistenti in un ambiente dato, una forma cristallizzata di equilibri qualsivoglia, anche soffocante e vetusta, sia tout court insuperabile».

E qui la piazzata mi si esaurì. Rientrato in me come si rientra in un vestito ridotto dall’inopinato lavatricio a quattro taglie sotto, e sovrastato dal silenzio degli astanti che non mi prometteva niente di buono, arrancai guadagnando l’uscita frettamente. Domani è un altro giorno, mi dissi coltivando la speranza, assai lussureggiante di suo, di venir dimenticato.

10 thoughts on “pezzi di ferrara ovunque

  1. Posso fare un commento del tutto OT?

    Come fai a sopportare, nel titolo del tuo libro scrittomisto, quel “perdute” a capo? Ci ho pensato oggi rigirandomelo tra le mani in libreria. Io ci avrei perso il sonno, caspita 🙂

    [Ste]

  2. OT

    noantri, non apra piaghe…

    lo sopporto perché m’hanno chiesto se volevo pubblicare un libro, me sconosciuto, ergo son loro grato apprescindere.

    ma l’accapo le ha poi impedito l’acquisto? non mi faccia soffrire.

  3. Sull’indipendenza del giornalista non ci conto. Il problema è da chi prende i soldi: dai politici, da editori con interessi politici, o dai lettori. Il terzo caso sarebbe quello della stampa indipendente, ossia che i mezzi per stare in piedi se li procura vendendo copie e pubblicità. In Italia non so se c’è stampa indipendente.

    Lita

  4. Carissimo,

    in effetti non procedetti all’acquisto, ma non per colpa dell’accapo (si scriverà così?) che pure ha influito in minima percentuale; quanto per un eccessivo affollamento di libri da leggere sul mio comodino e la contestuale scarsezza di tempo. Aggiungere anche il suo illustrissimo mi avrebbe sovraccaricato i neuroni (ma lo farò, prima o poi, eh).

    Cordiali saluti

    – per il sonno perduto consiglio Valeriana Dispert. O rum in abbondanti quantità, non dovesse funzionare – 🙂

    [Ste]

  5. caro lei

    per il tempo non si preoccupi: ̬ lettura veloce e indolore (e non del tutto sprecata, almeno secondo quanto sostenuto dagli unici due lettori che hanno voluto beneficiarmi di un ritorno Рnon faccio i nomi per non comprometterli)

    sugli strumenti per dormire la ringrazio, ma temo non ci sia niente al mondo in grado di disinnescare un neonato che intende far presente che a suo parere è l’ora della pappa.

  6. Ma non c’è neanche niente di più bello al mondo, suvvia! Manterrò volentieri la pappa e i pannoloni del Suo piccolo, finanziando la Sua famiglia tramite l’acquisto del libercolo, allora. 🙂

    [Ste]

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