la strategia del paracarro

Il Professor Argano, che manca da questo blog da un po’, mi manda un pezzo politico. Nel suo caso è sempre difficile dire se si tratti di penosi plagi da sapientino o di arguzie circolari. Ad ogni modo io eseguo.

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In politica la propaganda ha un suo ruolo importante e nessuno se ne scandalizza. Ovviamente la propaganda, anche se non c’entra sempre con la verità, ha un dovere di verosimiglianza. Se non appare nemmeno verosimile, o se è debolmente argomentata, si traduce nel suo contrario, cioè nel segno di problemi diversi o di difficoltà di rotta, o dell’inefficacia di rotte intraprese.

L’elezione di ieri è interessante non in sé: non credete a quelli che ne capiscono troppo, il Quirinale non conta quasi niente e i giochi che ci si fanno intorno hanno valore tattico del tutto estraneo all’oggetto. Chiunque provasse a recitare quel ruolo in modo diverso da quello di papà della patria con delega notarile ne uscirebbe pazzo (Cossiga insegna). Mica sarà un caso che ci mandano sempre pensionati o seconde file. Che voleva D’Alema, prepensionarsi?

Qualcuno proclama che volesse imporre il presidenzialismo à la française, con gli atti, senza passare dal via. Eh, l’Italia è piena di intelligenti, anche troppo.

No, è interessante, l’elezione, perché illustra un po’ la situazione nel centrodestra.
Partiamo dalla propaganda.
Si dice:
1) nulla contro Napolitano, è di alto profilo, sarà un buon arbitro, auguri.
2) Quello che non andava era il metodo, serviva la rosa di nomi.
Delle due l’una: se due nomi in più servivano per bocciare Napolitano, allora non è vero che è un buon arbitro; se servivano per scegliere comunque Napolitano, l’obiezione è di un tale formalismo che la definirei prepolitica, più sottile del classico dito da nascondimento.

3) Ma così si è arrivati all’occupazione di tutte le cariche dello Stato! (i più accesi dicono regime).
3a) Quindi il Quirinale andava dato all’opposizione.
Ora, le due Camere erano a maggioranza anche prima; quanto al Presidente, perché mai nella rosa proposta dalla Cdl compariva Amato? Amato è forse in quota Cdl? No. È più a destra di Napolitano? Ma dove? È più "arbitro" di Napolitano? Semmai lo è molto meno: Internazionale socialista, politico attivo, futuro ministro. Però Amato andava bene, mentre con Napolitano c’è l’occupazione. Le bugie hanno le gambe corte.
Senza contare che, quale maggioranza in attesa di incarico affiderebbe questo compito a un avversario? Vabbe scemi ma insomma…
3b) Se non della Cdl, doveva essere "terzo".
Qui siamo al comico. In un sistema bipolare i politici terzi non esistono. Rimangono i tecnici, certo. Ma perché un economista, e non, che so, un idraulico? Io conosco un tecnico informatico di prim’ordine, magari andava bene.
3c) Vabbe, non terzo, deve essere arbitro.
Allora si torna al punto 1): Napolitano è un buon arbitro.

E allora?

Allora è chiaro che si poteva votarlo, ma non si poteva dirlo. E ogni limitazione dell’azione in questi casi, specie se non del tutto condivisa, equivale a infilarsi in un vicolo cieco. Con riflessi anche sul futuro? Chi può dirlo.

(nb: com’è che l’Unione ha azzeccato una mossa, per una volta, mettendo in difficoltà gli avversari? È tutta farina del loro sacco? Io suggerisco di osservare piuttosto la "rosa" proposta domenica dalla Cdl e confezionata dal duo lescano Fini-Casini: come mai mancava proprio quel nome, cioè dell’unico DS papabile, oltre a D’Alema? Escludere per alludere? Eh?
Stupisce poi nessuno abbia notato questa strana vicenda, pochi giorni fa – andate a leggere i flash delle 11:37 e delle 11,54. Eh?)
 

Chiunque vede che l’inverosimiglianza e debolezza argomentativa nasconde altre cose.
Come si spiega lo schiacciamento su posizione tribunizie, furbamente denunciato da Casini? Un tale schiacciamento, assunto come strategia, consisterebbe in una rinuncia all’azione politica, nell’affidare cioè le proprie speranze al collasso autonomo dell’avversario: rimanere sul ciglio della strada sperando di veder passare il carrofunebre del nemico, ululando intanto contro i paracarri.
Pur disponendo di avversari con provata tendenza al suicidio, si tratta di una tattica poco sensata, in particolare se portata avanti dalla forza principale della coalizione con oggettive responsabilità di guida: una tattica immobilistica che in più espone quella forza alla capacità di movimento dei suoi stessi alleati.

Del resto, come la sinistra ha dovuto imparare (non tutta…) gridare al regime non paga: o il regime c’è, e allora vince anche se gridi, o non c’è, e dopo un po’ si finisce per passare per menagrami…

In politica parlamentare (parlo di quello; la politica vera forse è un’altra, chissà) è importante esprimere iniziative che creino consenso anche in campo avverso o almeno che ne mettano in crisi in qualche modo la coesione. Iniziative capaci di sparigliare. Dire "regime" ottiene evidentemente l’effetto contrario. Che logica è?
Vediamo nel dettaglio.

– Per Casini, una logica pessima. L’UDC ha interesse a mantenere invece alta la quota di movimento allo scopo di rompere l’asse Lega-FI e di conquistare così l’egemonia politica – anche con Berlusconi, presente, perché no. Non a caso Casini è l’unico a destra che può vantarsi di aver vinto (e non si fa pregare nel farlo pubblicamente): si è mosso, ha provato a sparigliare, ha sventato con successo la contrapposizione a specchio D’Alema-Berlusconi che l’avrebbe marginalizzato, è rientrato in gioco, ha messo alle corde la Lega costringendola a chiedere un prezzo altissimo.

– Per Fini in teoria varrebbe il discorso che vale per Casini. Tuttavia Fini ha il problema di essere ormai commissariato nel suo partito. Fa lo sborone in TV, ma poi deve mediare con Alemanno, Gasparri e La Russa. Il primo è un dritto e gli farà le scarpe, il secondo… sul secondo meglio stendere un velo. Il terzo non è pervenuto.

– La Lega fa il suo gioco come al solito. Aspetta il referendum, e in ogni caso può sempre far valere l’opzione "valli bergamasche", in cui si ritira in battagliera solitudine quando non riesce a trescare. Come dire: che gli frega a loro?

– Per Berlusconi la faccenda è delicata, invece. Seguendo la Lega, prova a fare come l’altra volta: spera che il suo avversario si sciolga da solo. Come detto sopra, questo può essere un segno di debolezza. C’è da dire che l’altra volta gli è andata bene (anche allora era dato per morto, poi l’eutanasia prodiana lo rivitalizzò). C’è il caso che stavolta vada diversamente: l’Unione pare più compatta, ci sarà il PD che accontenterà molti, e via discorrendo. Rischia di essere una tattica pericolosa, non tanto verso il governo, quanto verso gli alleati. In generale, sarà meglio che come Cesare d’ora in poi si guardi le spalle. Dagli amici.
G.B. Argano
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