frangette, nuovismo e funivie per i piani alti


L’intervista di Serracchiani, in cui annuncia il salto della barricata, la trovate su Repubblica.

Ora il pippone, se volete.

La mia impressione riguardo alla battaglia congressuale nel PD (che esprimo prima che siano presentati i programmi, ché dopo son capaci tutti) è che le distanze effettive tra i due contendenti non siano molto ampie, per usare un eufemismo, né in campo socioeconomico né sul piano della gestione del partito. Sul primo piano, quello che una sinistra laica e moderata in Italia e in Europa più fare è noto e se non è noto lo spiegherà Bersani nei prossimi giorni; al massimo ci si può distinguere per sfumature. Franceschini cercherà di puntare su un’immagine più liberal, ma avendo dall’altra parte la coppia Bersani-Letta non sarà facile trovare pertugi per infilarsi. Bersani userà la parola magica "lavoratori", ma la sua vicinanza con Ferrero e Rifondazione è più o meno quella tra noi e Saturno. Alleanze: Bersani aprirà alla sinistra, con un occhio al centro. Franceschini aprirà al centro, con un occhio alla sinistra. Entrambi diranno che si tratta di costruire, lavorare, ecc. Entrambi ignoreranno Di Pietro.

Quanto al partito, entrambi in sostanza proporranno un partito fatto soprattutto di luoghi, di persone e di territorio. Bersani le chiamerà sezioni e l’altro circoli. Soprattutto, il primo punterà maggiormente su un partito in mano agli iscritti, il secondo cercherà con moderazione (ma con enfasi nelle dichiarazioni) di aprire ai "cittadini non iscritti" legittimando primarie aperte. Posizione alquanto strumentale, a essere maliziosi: Franceschini è più debole nel partito e il regolamento congressuale lo vede sfavorito nella votazione dell’assemblea elettiva, per cui punta tutto sul risultato delle successive primarie (secondarie in questo caso…). Questo spiega perché sia partito sparato con argomenti demagogico-populisti tipo "noi siamo il nuovo, non ridaremo il partito ai vecchi": intende evidentemente solleticare il sentimento anticasta e presentarsi come alfiere del rinnovamento, mobilitando il "popolo" in una gara di entusiasmo per ribaltare il risultato all’ultimo minuto nelle primarie. Un alfiere del rinnovamento sponsorizzato da Fioroni, Marini e Fassino, per dire.

Serracchiani, in questa situazione, gioca le sue carte nel modo ardito di chi ha ambizioni, bisogna riconoscerlo, e col cinismo di chi non si fa scrupolo di presentarsi pieno di ideali. La sua intervista è un concentrato di furberie dalemiane occultate da verniciate di nuovismo, frangette e parlar diretto. Ecco qualche spunto di riflessione.

1) «Noi siamo il nuovo, gli altri il vecchio». E per segnalarlo appoggia Franceschini, alias Fioroni, alias Marini, sostenuti da Fassino. Dato che non è ingenua si deve pensare sia in malafede? E lo appoggia, par di capire, perché le hanno offerto un posto di comando. La cosa più difficile, si potrebbe dire, è sempre applicare a se stessi i criteri di giudizio che si pretende di applicare agli altri. Allora era meglio appoggiare Sofri (poverini i piombini: sono partiti due anni fa con l’idea del rinnovamento, l’hanno corteggiata per sei mesi e lei, con gesto dell’ombrello incorporato, se ne va con un democristiano… No, ok, forse meglio di tutto era stare fuori e lavorare seriamente per il prossimo giro. Mah.)

2) «Lo appoggio perché Franceschini metterà gente nuova, tipo me». Siccome tra persone civili non contano gli appoggi o l’età ma i meriti e le capacità, messa così significa: vogliamo più posti per noi, dataceli per cooptazione. Legittimo, ma non proprio nuovissimo.

3) I famosi contenuti nuovi. La mia impressione, già detta sopra, è che talmente poco distanti saranno i due programmi (che, badate, non si possono chiamare piattaforme programmatiche, perché fa vecchio. Serracchiani ragiona come un caporedattore di Vanity Fair che fa shopping in corso Como), così poco distanti che occorrerà distinguersi con la retorica, per non dire con la demagogia. Fino all’utilizzo spudorato delle peggiori tecniche berlusconiane, ben sintetizzate nella scorrettissima frase "noi siamo il PD, loro sono il nemico" (il giornale riporta "D’Alema" ma si legge come ho detto io). Senza quel nemico il PD, va detto, sarebbe al 13%, occorre forse che Serracchiani ne prenda nota? Ma no che lo sa benissimo…

One thought on “frangette, nuovismo e funivie per i piani alti

  1. Vorrei fare un paragone fra il Lingotto e la Nouvelle Vague. Entrambi i movimenti nascono con forti esigenze di rinnovamento e di contestazione nei confronti della generazione precedente (cinéma de papa). Esprimono il loro dissenso prendendo di mira gli esponenti del vecchio (Autant Lara come D’Alema) e proponendo un nuovo modo di fare cinema/politica. Bazin, Godard, Truffaut lo fanno sulle pagine dei Cahiers du Cinema, i “Lingottini” sui loro blog. Poi accade qualcosa. Truffaut, Godard, Rohmer, Rivette, Chabrol smettono o quasi di scrivere e cominciano a fare film. Non fanno film alla Autant Lara, li fanno come vogliono loro, come avevano annunciato. Non li fanno però neanche tutti uguali, ma ognuno col suo stile, Godard e Truffaut si odiano addirittura e si mandano ripetutamente a quel paese. Qui invece, almeno finora, i blog continuano a produrre pensiero, mentre il peso di fare film viene scaricato tutto su Deborah Serracchiani. Io continuo a pensare che l’unico modo per spiazzare Franceschini è “dieci, cento, mille Deborah Serracchiani”. Se i film li avesse fatti solamente Godard, Truffaut avrebbe sicuramente detto: che schifezza è diventata questa Nouvelle Vague.

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