diversamente puri

Luca riprende un articolo di Repubblica sulla questione del voto relativo alle missioni italiane all’estero, Afghanistan compreso. Il giornalista Rampoldi tra l’altro scrive, riferendosi ai dissidenti di sinistra che intendono votare contro il governo Prodi:

Abbiamo il sospetto che non pochi esponenti di questa sinistra radicale non siano affatto accecati dall’ideologia. Che insomma sappiamo bene quanto fasullo sia il loro Afghanistan: o comunque considerino secondaria la verità. Obbediscono ad un calcolo quasi privato, pre-politico. Cosa conviene dire, dove conviene posizionarsi, cosa vuol sentire il mio pubblico, il mio elettorato, i miei sovvenzionatori? Quale tesi mette in difficoltà i miei competitori? Quale opinione mi giova di più, mi distingue, mi rende più visibile?

Mi pare debole argomentare sulla presunta cattiva fede altrui, come fa Rampoldi.
O possiede il dono della fusione mentale vulcaniana (in questo caso rampoldiana) e ce lo dimostra, o lo stesso si potrebbe sospettare degli scopi della sua parte, uguali e contrari.

(Tra l’altro ci sono terreni nei quali la presenza di opinioni diverse è estremamente prevedibile, su cui non è prudente, politicamente parlando, pensare di possedere né la verità – sintomo lessicale: quello "accecato" e sempre l’altro – e purtroppo a volte nemmeno un’informazione sufficiente.

Per dire: tra non molto scoppierà il bubbone CPT, le cui condizioni sono purtroppo veramente pessime, a sentire varie fonti. Puntare a far passare una linea prudente, del tipo "ci vogliono ma vanno migliorati", accusando i "radical" che sosterranno la linea "chiusura adesso" di cattiva fede sarà oltremodo complicato per il centro dell’Unione, dato che molte ragioni sembrano essere invece dall’altra parte. Converrebbe allora prepararsi a una dialettica un po’ meno infantile di quella per cui le parti si rimbalzano un "io ho le informazioni migliori, io ho ragione, quindi tu sei in cattiva fede").

In questo caso specifico, credo sarebbe più efficace limitarsi ad argomentare sulla bizzarria politica di "votare secondo coscienza", quando tutta la tua coalizione la pensa diversamente, col risultato certo di ottenere con questo voto o uno spostamento del tuo governo su posizioni nel merito ancora più lontane dalle tue (per via del soccorso di pezzi dell’opposizione), o addirittura in prospettiva un altro governo, caduto questo, molto più restio a prendere anche solo in considerazione le tue istanze. Forse quando mantenersi coerenti ottiene il risultato di allontanare ancora di più l’obiettivo della propria coerenza, sarebbe il caso di dare una registrata al funzionamento del nesso mezzi-fini.

Può darsi che si manifesti qui anche la differenza tra chi ha un’opinione un po’ teatrale della politica (temo, questa sì, pre-politica), che servirebbe a testimoniare pubblicamente la propria coscienza, ritenuta sacra, e chi la ritiene invece uno strumento pragmatico per ottenere, nei limiti consentiti dall’etica pubblica, risultati reali(stici) ma, per così dire, "anonimi".
Quelle cose tipo l’eterogenesi dei fini, altrimenti dette l’inferno delle buone intenzioni. Ma non vorrei spingermi oltre, dato che l’eterogenesi colpisce tutti, proprio quando non te l’aspetti… Zac!

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