la scatola dei resi

Un uomo di mezz’età pubblica un libro di esili, struggenti parodie, nel disinteresse generale – non ultimo il suo. Pochi mesi dopo il suo editore, un’esile, struggente parodia di editore, ovviamente fallisce. La scatola dei resi giace nella cantina dove verrà recuperata da ricercatori del XXIII secolo, alla ricerca di vinili di Michael Jackson.

(nel frattempo i veri amatori possono scaricare il pdf originale di quel libro qui)

primo agosto

Sul balcone guardo le auto passare, fanno risacca nello scorcio, tra i rami. Tu dormi sfinito sul divano, la pala muove l’aria. Danno 32 chilometri di coda in autostrada. Per un minuto interminabile, silenzioso, sono il solo al mondo ad essere felice.

il calcolo dell’ora x

Quando tutto sarà passato resterà il tempo di dire qualche parola ancora sullo spettacolare cinismo che ci viene mostrato. Su un’iniziativa che, odiosa o auspicabile che la si giudichi, poteva essere fatta una settimana fa, un mese fa, un anno fa. Si è scelto di farla all’ultimo. Così da poter drammatizzare l’evento oltre ogni limite, ricavandosi il centro della scena che altrimenti sarebbe rimasto rispettosamente vuoto, caricando di esplosivo al plastico uno scontro che poteva essere gestito in sordina, potendosi permettere, nel proprio vaniloquio retorico, di presentare se stesso come chi cerca di salvare una vita accorrendo all’ultimo, così che la suspence raggiunga il suo climax. Non basta: si è scelto di intervenire quando in realtà potrebbe essere già troppo tardi. Ad un solo scopo: per indicare gli altri come gli assassini.
La vita è uno spettacolo costruito seguendo i referti dell’ufficio marketing e i cui ricavi finiranno comunque nelle tasche del più farabutto. Tutta la vita. Anche la vita dormiente. Anche la non vita. Anche la morte.

dite quella parola

Le parole vanno misurate. Non misurarle, usarle a sproposito significa logorarle e renderle inutilizzabili quando servono. Vedere regime, barbarie, inciviltà ogni volta che accade qualcosa che semplicemente urta le nostre opinioni, ottiene il solo risultato di farci guardare dagli altri con un misto di timore e compassione, velati da un’ombra di disprezzo.
Questo urlare inefficace è in realtà il residuo di un uso esorcistico delle parole fondato su una sua effettiva, antica efficacia. Fino a non moltissimi anni fa, "fascista" (e il corollario di termini che lo accompagnano) era in Italia un insulto capace di provocare immediato sospetto e riprovazione sociale su quello che lo riceveva. Era uno stigma sociale potentissimo capace di attirare universale invocazione di vergogna. Coincideva con l’accusa di essere fuori dal consesso umano. Più che richiedere l’onere della prova, tale era la sua forza da suscitare piuttosto il dovere della discolpa. Molto dell’uso compulsivo di certi termini indignati che abbiamo visto fino ad oggi è dovuto a questo passato e a qualcosa che è subentrato nel frattempo: la parola magica non funziona più. Tu la ripeti, rincari persino l’infamia – scendi nell’abisso: xenofobia, razzismo… e lo stigma non scatta. E più non scatta più provi a ripeterla, senza capacitarti che la "barbarie" non provochi scandalo. Effetto certo del troppo e sconsiderato uso, e anche del fatto che oggi sui fascisti si fanno gli sceneggiati in televisione…

Tuttavia, qualche parola in certi casi è opportuno dirla, e farne conseguire atti coerenti. Non dirla, in certi casi, significa che quelli assuefatti alla ripetizione che svuota il senso siamo noi. Ci siamo salvati dalla paranoia del complotto per cadere nella paranoia delle parole, di cui abbiamo paura. Confidiamo nella moderazione del mondo come forma sedativa atta a curare certe punte di estremismo che, riteniamo, solo col moderatismo e la misura possono essere riassorbite. In pratica, commettiamo un errore logico, presupponiamo ciò che andrebbe dimostrato, prendiamo un’aspirazione teorica per un fatto che opera fuori di noi. Il mondo, però, pare tutto fuorché moderato. E ogni giorno slitta un po’  di più verso qualcosa che solo certe parole possono descrivere. Non pronunciarle quando vanno pronunciate non rallenta affatto la venuta di ciò che indicano, solo ce ne rende complici.

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Dunque quello che è successo oggi lo conoscete tutti e la statura del personaggio in questione ne esce perfettamente registrata. Ma di questa statura eravamo tutti già a conoscenza e onestamente non sono sicuro che sia proprio per lui che le parole vadano pronunciate (anche se gli si attagliano descrizioni più infamanti ma meno politicamente dense).
Quello che è successo ieri, invece: quello.
In parte si commenta da solo, in parte necessita di una puntualizzazione, perché non si dica in seguito che non era possibile vedere.

– Legalizzare l’esistenza di squadre di volontari di partito adibite a controllo dell’ordine pubblico non ha bisogno di commento. Il fatto che oggi siano disarmate e goffe e si "giustifichino" con la difesa del territorio dal crimine significa solo che domani possono essere ben organizzate e non del tutto disarmate (era del resto la richiesta originaria) e giustificate da altre urgenze.

– Il fatto che per una categoria di persone – uomini donne e bambini – venga subordinata l’assistenza medica al rischio di denuncia penale, non ha bisogno di commento in nessun caso.

– Non senza suscitare sorpresa e accenni di ilarità, poi, è stato istituito il registro dei clochard. Questo ha bisogno di una spiegazione. Perché non è come istituire l’ordine dei medici o la confraternita dell’unicorno.
Significa, invece, che lo stato decide di selezionare una determinata "caratteristica", individuando con ciò un gruppo sociale per altri versi del tutto eterogeneo e impone (impone) ai membri di questo gruppo di essere iscritti a un registro istituito nelle prefetture sulla base di quella "caratteristica", senza che essa costituisca un reato, in funzione di una presunta pericolosità o allarme sociale che quella "caratteristica" costituirebbe.

Questo è uno schema formale. Non è significativo tanto per il modo in cui è applicato nel caso presente – il fatto che la "caratteristica" individuata (l’essere senza fissa dimora) ne faccia cioè un provvedimento quasi ridicolo, fondato solo sulla paranoia da amministratore isterico ossessionato dallo "sporco" e dal decoro (o felice di assecondare l’isteria di alcuni suoi concittadini ricevendone per questo i voti), applicabile a un numero molto esiguo di persone, discretamente immotivato dall’assenza di pericolosità dei soggetti e che può addirittura essere presentato come "a fin di bene". La bizzarria della sua sua applicazione deve infatti semmai preoccupare piuttosto che sollevare. Perché è lo schema in sé a costituire un salto: è la sanzione di ammissibilità, il "si può fare" applicato a una certa gestalt o schema mentale, che può valere anche per altri casi. Cosa costituisca allarme sociale non è infatti solo un dato oggettivo ma anche effetto di ideologia. Né il fatto che la "caratteristica" individuata non costituisca reato è rassicurante, sia perché sappiamo che ciò che oggi è lecito domani può non esserlo (vedi il nuovo reato di clandestinità), sia perché gli ambiti in cui una tale discrezionalità può essere applicata possono essere i più vari.
Non è il caso di aspettarsi che la storia si ripeta annunciandosi con squilli di tromba e stelle gialle (per poi dire, siccome non accade, ecco, tanto rumore per nulla). Quel rumore non riuscirà certo a rovinare l’effetto sorpresa. Perché difficilmente si ripete un contenuto, ma la ripetizione di uno schema è invece la norma.

porgi l’altra nocca

Piuttosto che rischiare di soffrire in futuro una discriminazione* delle proprie opinioni sui gay, la chiesa ritiene che sia molto meglio continuare a legittimare quei paesi in cui i gay soffrono una discriminazione**.

* leggi: che siano considerate non vincolanti per uno stato laico o tout court avversate.
** leggi: uccidere, incarcerare, torturare, mandare ai lavori forzati, multare.