tre e quattro


יִצְחָק

Appare nei momenti di sosta, in particolare,
di sonno e le tue membra, il tuo volto soprattutto
diventano un mistero.

Non conosco la nave che ti ha deposto alieno
che mi somigli e non sei me, nella casa di un vecchio
che non smette gioia e terrore.

Il verso del mondo è sconosciuto, così divieni in silenzio
ti apri, strappato tra grida sangue ruoti
e riposi ardi nel tuo fuoco.

la ferita

Com’è sceso appena sveglio questo velo
sul volto, come puoi saperlo così nuovo come sei.

Non è il furore della bestiola che mulina gambe
e braccia, la volontà cieca dell’anguilla.

Sei calmo, un’ombra ti percorre in trasparenza
(sulla volta un’incrinatura si è appena staccata).

Nello specchio il mondo trema ancora, sono molli
le colline del costato, dai tuoi palmi fili d’erba.

Ma per poco. Lentamente nel corpo cammina
la luce del giorno: le cose non sei tu

e in questa conquista, in questa perdita ti afferri.
Ti scopri e subito limiti, cose perdute intorno.

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