tom wolfe, il fascino irresistibile dei rivoluzionari da salotto

Due brevi, molto riusciti e classici pezzi di Wolfe. Nel primo – Radical chic – si narra di un party nel lussuoso appartamento dei Bernstein, a New York, sul finire degli anni Sessanta, un party più surreale di quello di Sellers; invitate le più sofisticate e progressiste élite liberal e i leader delle Black Panther. Wolfe si diverte a notare come le élite emergenti abbiano ogni volta bisogno di crearsi molteplici strati di falsa coscienza e contorti sistemi di legittimazione. L’esito del party sarà comunque del tutto imprevisto, per quanto il grottesco e inascoltato sogno rivelatore di Lenny Bernstein con cui il pezzo di Wolfe si apre l’avesse anticipato. Nel secondo articolo – Mau-Mauing the Flak Catchers, Mau-maumizzare i Parapalle – che forse è persino più acuto del primo ed è ambientato negli stessi anni, Wolfe descrive le politiche assistenziali promosse dalla burocrazia federale a favore delle minoranze e l’effetto perverso che questi programmi provocavano, la mau-mauizzazione: «Andare in centro a mau-mauizzare i burocrati cominciò a diventare un’abitudine a San Francisco. Era il programma povertà a spingerti ad andare in giro a mau-mauizzare. Era inevitabile. I burocrati del Comune e dell’Ufficio Opportunità Economiche parlavano tutto il tempo di “ghetti”, ma di quello che stava succedendo nella Western Addition, a Hunters Point, a Potrero Hill, a Mission, a Chinatown o a sud di Market Street non ne sapevano più di quanto ne sapessero di Zanzibar. Non sapevano dove guardare. Non sapevano nemmeno a chi chiedere. E così, che potevano fare? Beh… usufruivano del Servizio Etnico a Domicilio…».

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