panebianco e la sinistra ascetica

«Immaginiamo che Bersani batta il pugno sul tavolo e dica: "Di Pietro non è un alleato ma un avversario da isolare e i dipietristi interni al partito sappiano che non sarà più tollerato chi tiene il piede in due staffe"».

Sul Corriere, Panebianco spiega cosa dovrebbe fare Bersani in questo frangente.

Panebianco mi ricorda quelli che, dopo trent’anni di Repubblica, continuavano a esigere dal PCI, poi dal PDS, poi dai DS delle prove di adesione alla democrazia, non si sa se per malafede o per ottusità. La nuova versione di questa solfa è la seguente: Bersani dovrebbe dimostrare la sua capacità di leadership riformista non tanto costruendo nel tempo un’idea complessiva di governo del Paese in grado di attrarre tutti gli elettori del centrosinistra, costringendo anche l’Idv a venire a patti e a subordinare i propri temi a quelli della forza trainante, ma piuttosto minacciando preventivamente col vocione "o con me o con loro", col bel risultato di segare il ramo su cui è seduto. In pratica l’atteggiamento autolesionistico che Panebianco stigmatizza giustamente nel pasdaran Cicchitto all’inizio del pezzo, pretende che lo assuma Bersani contro i suoi alleati. Alla voce della buona borghesia non basta mai che la sinistra sia normale, pretende che sia santa. In sostanza: che rinunci.

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