julian barnes, il senso di una fine

Pretesa riflessione in forma di romanzo sulla narrabilità romanzesca di una vita comune e priva di episodi di rilievo nonché sulla compresenza in ogni narrazione di più versioni degli stessi fatti costruite sovente a scopo di autogiustificazione e indulgenza. L’altezza dei temi, malgrado l’evidente tessuto di citazioni che attraversano la vicenda, non è purtroppo trattata attraverso una narrazione efficace. Esaurito un rapido prologo “di gioventù” in cui sono presentati i pochi fatti di rilievo e i soli motivi di interesse, il resto del per fortuna breve romanzo si dibatte tra le riflessioni senili del protagonista su quanto sia stato finora un tipo noioso, che sembrerebbero preludere a una svolta finalmente decisiva, e una improbabilissima vicenda di ricostruzione sentimentale retroattiva, con tanto di scabroso e strampalato finale. La delusione per la sciatteria con cui la storia viene gestita in questa terza parte è tale che il lettore tenderà a scordarsi l’inizio promettente e in sede di recensione fornirà una versione della propria esperienza di lettura ancora meno lusinghiera di quanto dovuto. È opinabile che questo esito fosse nelle aspettative metaletterarie dell’autore.

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