la vita apparente degli scarti

A quanto pare la vita non assomiglia alle storie raccontate, tranne rari casi. E non solo perché nelle storie, in genere, succedono cose più interessanti che nelle nostre vite. Naturalmente si intende la vita media, di tutti i giorni, fatta di minuti, di ore e di occupazioni per lo più banali. In questa vita non ci sono prologhi, sviluppi ed epiloghi bene ordinati. Le agnizioni sono rare, per lo più senza pubblico e si svolgono semmai davanti allo specchio, in certe mattine, quando ci confessiamo coglionaggini che speriamo note a noi soltanto. Il climax dell’esistenza media in genere è tiepido, mentre l’anticlimax è così la norma che non fa più notizia. Non c’è un punto focale ben definito, un occhio che segue e discrimina le azioni che contano da quelle irrilevanti, nemmeno vagante o multiplo. Quanto alla voce: in confronto alla realtà i dialoghi di Altman sono chiari e cristallini e quelli di Beckett pregnanti e ricchi di senso. E poi la successione degli eventi non segue una curva ben disegnata ma piuttosto un saliscendi frantumato, quando non una linea piatta. A volte persino il concetto di “successione di eventi” pare del tutto fuori luogo: qualcosa “succede” davvero a qualcos’altro? O tutto quanto non è piuttosto una sterminata e simultanea ed eterna modulazione di fantasmi, di pseudo-azioni senza un vero agente, incapaci di uscire da sé? In realtà non compare nessun agente, il che getta seri dubbi anche sulla possibilità che ci sia un autore (oppure serve un autore proprio per retrodatarci come agenti, nemmeno troppo segreti?). Nella “vita vera” – ammesso che esista e se ne possa parlare come di qualcosa che sta prima che, appunto, se ne parli o se ne scriva – non si ode alcun tono uniforme, alcun “rumore sottile di prosa”, fosse anche volutamente dissonante e consapevolmente alterato, piuttosto una cacofonia di impressioni e di coloriture incongrue, un pasticcio di tinte che tende a un uniforme e sgradevole marrone scuro. Quasi mai si scorge il senso della vicenda e non si intende una morale, ma almeno un vago significato estraibile dall’aver di fronte un quadro dotato di una coerenza interna: nessun quadro, nessuna coerenza, nessun significato. I significati nella vita sono ex post e in genere si tratta di ricostruzioni velleitarie e interessate, pure reinvenzioni del passato ad uso proprio. L’esperienza della vita quotidiana di ognuno è più simile a quella di una nebbia sfrangiata e densa, qua e là rischiarata da attimi di illuminazione, da scelte fortunate o oscurata da precipizi di sconforto, che non a un disegno eseguito con perizia e mano ferma.

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