alla mia parte

Se parlo con uno della mia parte, immancabilmente a un certo punto scuote il testone e dice: cosa vuoi farci, tre quarti degli italiani è ipnotizzato da Berlusconi e dalla tv. L’Italia non crescerà mai.
Seguono scoramento, disprezzo, scene di varia superiorità intellettuale, veloce scivolamento nel cinismo qualunquistico circa l’antropologia italica.  Il quale, lo scivolamento dico, è sempre il segno che la superiorità intellettuale è solo presunta, ma insomma.

Perché, dico, almeno i numeri. C’è un effetto "sondaggio berlusconiano" in ognuno di noi, ormai. Di quelli che lui ha il 70, l’80, il 90 per cento dei consensi. Funzionano, infatti ci crediamo.

Invece hanno metà scarsa dei voti. Metà. Non il 75 o il 90. E sono minoritari su tutte – tutte – le scelte di coscienza. Perché allora vincono? Vincono perché, in una situazione di equilibrio, si vince per coesione. Loro sono due partiti e stanno assieme. Noi sette, otto, non mi ricordo quanti, che scazzano tra loro, alcuni dei quali dediti alla purezza ideologica. E una bella fetta dei nostri elettori ormai non va più a votare, allo scopo di esprimere la propria nobile  protesta verso dirigenti che, guardaunpo’, non riescono a vincere contro un miliardario che possiede mezz’Italia (e che, tra parentesi, quando aveva un suo partito, prima di unirlo con gli altri furboni, prendeva il 25%. Il 25. Non il 70).

E poi vincono perché una parte dei ceti popolari che prima votava di qui, oggi non vota o vota di là. E lo fa perché noi non parliamo più con loro, perché invece che unirci sul nostro comune terreno – l’equità e la giustizia sociale, un welfare inclusivo e rinnovato, la crescita sostenibile – noi ne frequentiamo altri: l’idealismo, i valori, la difesa dello stato, l’azionismo d’antan, il buonismo… Tutte cose nobili, per carità. Nobilissime per definizione, anzi. Solo che noi, a ben vedere, non siamo nobili, né aristocratici, né, fuor di metafora, gli eredi della grande borghesia illuminata. Siamo, dovremmo essere, un’altra cosa.

Così, se al centro del tuo messaggio ci sono quelle nobili cose, ma assieme a un moderno laburismo, allora diventa possibile far passare un messaggio di solidarietà interna a tutte le frazioni del lavoro, dal lavoro autonomo di seconda generazione impiegato nei settori immateriali, alla microimpresa – che si chiama così perché gli altri hanno vinto ideologicamente, visto che altro non è che lavoro e autosfruttamento, di sicuro più simile al precariato che non alla Fiat – fino al quello immigrato e relativi diritti passando per quello dipendente. Diversamente, se si rimane su un terreno idealistico, dei puri valori e del dover essere, è facile per la Lega e il Pdl sfondare nei ceti popolari usando di volta in volta argomenti razzisti o propaganda antitasse e antistato: spostare il malcontento verso capri espiatori, innescando guerre tra poveri e autosabotaggio dei proprio interessi primari, è un copione vecchio e stantio, che però ha il difetto di funzionare, in assenza di avversari.

27 thoughts on “alla mia parte

  1. È una parte in cui mi ritrovo.
    Solo un appunto a margine di questo tuo passaggio:
    «se al centro del tuo messaggio ci sono quelle nobili cose, ma assieme a un moderno laburismo, allora diventa possibile far passare un messaggio di solidarietà interna a tutte le frazioni del lavoro»…
    Chi c'è dietro quel "tu" al quale ti rivolgi? La parte dirigente o la parte "pensante" (in senso lato) della nostra parte?
    Luca

  2. luca, non saprei. ma mi pare che la tendenza a scindere l'atomo sia equanimamente spartita tra le due parti che tu citi. tranne qualche eccezione. per dire, bersani è stato eletto su una piattaforma di unità delle opposizioni basata sul terreno – per quanto ancora molto moderato, come la fase impone – dei temi sociali ed economici. è stato preso finora a male parole un po' da tutti. forse vuol dire che ha ragione?
    bg

  3. perdonami ma non è che continui ad usare degli strumenti di interpretazione del reale che paiono funzionare soltanto in teoria? Non riesco a comprendere come si possa anche lontanamente partecipare alla logica di una fabbrica la cui linea di produzione sforni oggetti "fallati". Poi tenerla in vita soltanto perché dona occupazione. Gli occupati saranno altrettanto "fallati". Anche nei loro costrutti mentali. So che ci sarebbe molto da parlare. …. A noi servirebbe soltanto l'unità per il momento. I massimalisti questo riescono a capirlo? chi glielo spiega? Abbraccio

  4. vincono perché sono esclusivi. non hanno sensi di colpa sull'esclusione. la gente li vota perché non vuole stare tra gli esclusi. gli esclusi sono i perdenti. e la gente non vuole perdere. punto.

  5. si il mio ragionare è poco chiaro, ti rimando al blog. Temo che far ponderare le sortite ad i nostri viscerali avversari sia arduo.
    Anche le novelline televisive (spettacoli che così tanto piacciono a sinistra), ben fatte ed i bravi attori e buoni film vengono straordinariamente digeriti senza lasciare traccia, anzi metabolizzati all'incontrario. Vedremo. Ciao

  6. No non mi sta bene. Non puoi liquidare il problema della manipolazione mediatica come un problema psicologico da intellettuali. E' un atto di sudditanza ai manipolatori stessi, che fanno tutti gli sforzi possibili per nascondere il proprio ruolo di manipolatori, a costo di negare l'evidenza. Esistono dati scientifici precisi in proposito, che non si possono ignorare senza fare violenza alla verità.

    Per il resto sono d'accordo sul fatto che l'altra metà del problema è l'inanità della sinistra. Comincio anche a chiedermi se questa inanità non sia per caso  strutturale. Se cioè non faccia parte proprio di certi segmenti del suo codice genetico. Per esempio pensa alla riottosità a sottomettersi a un capo o ad un principio unico: questa perenne ciancia della pluralità che non è altro che pavoneggiamento di prime donne. Vuol dire incapacità di essere uniti, di subordinare temporaneamente il proprio narcisismo all'interesse comune.

    E pensa anche all'insofferenza per l'emersione delle personalità carismatiche, cioè delle personalità che in un dato momento – per una misteriosa chimica naturale – riescono a catalizzare e ad interpretare i desideri dei molti. I burocrati le aborrono. Non credono nel genio, nella creatività, nell'inconscio, nella poesia. Cioè non credono in Lenin, in Mao, in Che Guevara, in Obama, in quelli che vicono. Cosa che fanno Berlusconi e Bossi. Per questo continuano a perdere.

    Infine pensa alla stoltissima idea secondo la quale si tratterebbe di "intercettare" certi settori dell'opinione pubblica, o di conquistare un elettorato moderato che la pensa in un certo modo perché lui è fatto cosi. Laddove dall'altra parte il gioco consiste nel produrla, nel foggiarla a propria immagine e somiglianza, l'opinione pubblica. Creare  visioni del mondo nelle quali il popolo ti segua: non biascicare maldestri tentativi di accreditarti in quanto compatibile con una visione del mondo creata da altri.

    Insomma hai voglia a riformare…

    Ciao
    Zapathustra

  7. ciao luca. secondo me, foggiare l'opinione pubblica e produrre visioni del mondo presuppone per cominciare, in questa fase,  l'atto deliberato di ignorare bellamente i dati scientifici cui alludi. che io non nego, sia chiaro, anche se vorrei contestualizzarli. nego che partire da lì sia in qualche modo utile per battere i nostri avversari. li diamo per scontati, ok, poi cominciamo a fare politica. a dire, a pensare, ad ascoltare, a raccontare, ad aggregare, a organizzare, ad agire. altrimenti diventiamo lamentatori di professione, e la sinistra ne è già stracolma di gente che parla a se stessa. imho

  8. Georg, capisco la tua preoccupazione, ma non credo che ignorare il ruolo dei media in un paese sottoalfabetizzato sia il modo migliore per capovolgere la situazione. Questo non significa – hai ragione – limitarsi a lamentarsi, né evidentemente accontentarsi di ricette alla Santoro. Per me sottolineare il problema dei media significa soprattutto sottolineare lo straordinario ritardo della sinistra politica rispetto al medium che noi stiamo usando in questo momento e che usiamo ormai quotidianamente da quindici anni.

    Ne sono passati già due dalla campagna di Obama. Il 30% degli italiani è già online. Di qui a 5 anni, con il mobile web, ce ne sarà il 60%. Ebbene possibile che questi dinosauri ignorino tutto di internet e non pensino ad altro che a limitarne i presunti abusi? Tutto quello che sono riusciti a mettere in campo sono due WebTV scamuffe per farti osservare il loro mostruoso doppio ombelico. Hanno sotto mano da 20 anni la tecnologia strutturalmente alternativa a Mediaset e ci ritroviamo con Berlusconi che li anticipa persino con il primo messaggio su Facebook?

    Il problema non è solo la gerontocrazia burocratica over 60 ignara di tutta l'innovazione dell'ultimo ventennio, né solo il nepotismo dell'incompetenza che si tramanda di generazione in generazione, ma anche ahimé quell'idealismo umanistico che buona parte della sinistra scambia per la propria ideologia, idealismo che comprende un atavico rifiuto della tecnologia e una difesa elitaria del ruolo dell'intellettuale borghese. Per questo i mitici intellettuali della sinistra (con rare eccezioni tipo Flores d'Arcais) sono tutti fuori dal web e muti da quindici anni. Più timorosi di perdere i diritti d'autore su quello che scrivono, che di perdere il diritto alla libertà di scriverlo!

    Pensare al ruolo dei media in un paese semianalfabeta significa pensare che una parte importante della soluzione sta nel modo in cui si strutturano e sedimentano dispositivi di comunicazione sociale e di organizzazione. Il che non ha nulla a che fare col "farsi percepire" in un modo o nell'altro – per dirla alla Fassino – prospettiva idiota, tutta interna al dispositivo televisivo, che tra l'altro si autodenuncia come falsa e manipolatoria nonappena si autoenuncia. No: non si tratta di imbellettarsi davanti alle telecamere.

    Si tratta invece di capire che i media sono il sistema nervoso del cervello collettivo e che se vuoi evitare che questo cervello pensi in modo razzista, classista, fascista e machista devi strutturarlo diversamente, progettando altre connessioni, dando la parola ad altri soggetti, ad altre cellule del corpo sociale, attraverso altri tipi di flussi. In breve: la destra insegna che la comunicazione politica è ingegneria cognitiva. La sinistra chiude gli occhi di fronte a questa verità, come se si potesse continuare a procedere in modo artigianale, mandando veline alle redazioni dei giornali, oppure opponendo il "territorio" a internet (quasi che le imprese non usassero Google).

    Insomma, anziché di una banca, Veltroni e D'Alema avrebbero bisogno di una start-up. Ma non ci arriveranno. Bisognerà aspettare la prossima generazione. Frattanto ci penseranno Grillo, Di Pietro e Vendola a farglielo capire. Speriamo bene.

    Ciao
    Zap

  9. luca, evidentemente non intendevo certo ignorare il ruolo dei media, piuttosto chiedevo di evitare di usare  l'argomento "è in corso un colpo di stato a base di tv" come inizio e fine di ogni discorso di sinistra. questo, davvero, non serve ormai nemmeno a compattare i tuoi, anzi li fraziona ulteriormente tra chi è più anti e puro (nei posti in cui si è candidato grillo, di pietro ha perso metà dei voti perché giudicato troppo morbido e "venduto" al pd…). figuriamoci quanto è utile a conquistare voti operai o popolari passati alla lega sulla base della loro ideologia neocomunitaria, reazionaria e della loro propaganda razzista: zero. certo i media vanno usati, tutti, dai volantini a facebook (su cui, comunque, se non lo sai, stanno tutti i maggiori politici italiani anche di sinistra da un anno almeno: l'idea ormai è passata, non c'è più alcuna cultura umanistica che tenga). è però il caso di sapere cosa comunicare, oltre che come. ho l'idea che noi stiamo perdendo più che altro perché, tolta l'opposizione al Grande Mafioso – che, vorrei far notare, al nord è in picchiata e al governo non  comanda più da almeno due anni, avendo consegnato la guida ideologica alla lega e a tremonti – abbiamo quasi solo messaggi generici, fuori tempo, sfasati. nessun racconto alternativo.

  10. Si sono d'accordo con te sul fatto che il problema è soprattutto di contenuti.

    D'altra parte, pero', i media sono anche contenuto. Il conflitto di interessi è un contenuto. E l'assenza di ogni racconto sulle potenzialità della rete (eccezion fatta per Grillo) è una mancanza di contenuto. Pensa alla campagna di Obama: il discorso sulla rete come comunità di eguali che finanzia il candidato "contro Washington" e ha diritto a dire la sua nel processo legislativo. Da noi potrebbe essere una risposta lineare allo scandalo della "casta". Invece nessuno la dà, questa risposta, nessuno crede in un vero protagonismo politico della popolazione, in una prospettiva di democrazia diretta. Lo chiamano "populismo". Mentre invece allearsi con Cuffaro e speculare su Noemi Letizia è real politik.

    Tu dici che questo non riconquista i voti degli operai razzisti che votano Lega. Hai ragione. Ma forse la priorità non è riconquistare quei voti, bensi' ritrovare sé stessi e il senso di un progetto alternativo. I voti forse sono un epifenomeno del fatto che si ha una soluzione (ammesso che questo fatto tu possa comunicarlo e farlo vedere). Se sai cosa vuoi e sei entusiasta di quello che proponi, la gente cambia idea, smette di essere razzista e comincia a essere gay, semplicemente perché tu gli hai dato un'altra visione delle cose. Le mode cambiano. Il razzismo degli operai del Nord è una moda.

    Ci sarebbe poi da affrontare il doloroso capitolo della riconversione industriale dell'Italia nella globalizzazione. Per ora, la sola vera strategia nazionale che vedo è la messa a profitto dell'immensa disponibilità finanziaria garantita dalla mafia. Posso sbagliare, ma mi pare che il patto di ferro ai vertici del Paese sia questo. E lo scudo fiscale passato con l'assenteismo della sinistra ne è il suggello. Quindi attualmente siamo un Paese il cui sistema finanziario (la cui prosperità) dipende in buona parte dai traffici illeciti di armi, droga, rifiuti, clandestini, prostitute (forse organi e bambini), traffici di cui le nostre mafie sono leader mondiali.

    Credo sia principalmente questo mare di soldi sporchi che toglie la parola alla sinistra, perché è difficile assicurarne altrettanti in modo pulito. Il vago puzzo di marcio che si sente in superficie emana secondo me da questa cloaca situata in profondità nelle viscere bancarie del Paese. E ritengo quindi che uno dei problemi sia far luce senza ipocrisie su questo fenomeno, invece di tacerlo, rimuoverlo, ignorarlo, minimizzarlo. Si tratta di una quantità di soldi paragonabile solo a quella che gonfia l'evasione fiscale, cioè nell'ordine delle centinaia di miliardi di euro all'anno. Di che finanziare un intero piano sanitario americano, insomma.

    Piuttosto che limitarsi a denunciare la cosa, bisognerebbe forse accettarla, farsi due conti, capire se e come è possibile fare altrimenti. Oppure decidere che l'Italia è questo, che si è ricollocata cosi' sullo scacchiere internazionale, come una specie di Puntland euromediterraneo. Si tratterebbe allora di aprire scuole per gangster alla periferia di Palermo, o introdurre l'esame di truffa aggravata nelle facoltà di economia e commercio, eccetera. Ma il problema è che questo genere di attività non sopravvivono alla luce del sole. Siamo quindi condannati a vivere nell'oscurità?

  11. luca, fino alla prima parte ti seguo e penso che diciamo in fondo le stesse cose, con sfumature diverse (alla rete ci credo, ma assieme a un po' di altre cose). da "posso sbagliare" in poi però ti lascio proseguire da solo. ti voglio bene ma gli editoriali del fatto quotidiano sui vertici del paese uniti nel malaffare no, grazie. fosse così facile conoscere le verità sporche, stando sul divano a ponzare e allineando i propri odi, saremmo tutti falcone e borsellino. per il resto, peace and love. arriveremo allo stesso risultato, lo spero, da strade differenti.

  12. Georg, non è il Fatto quotidiano a dirlo, sono io. E siccome mi informo quotidianamente senza secondi fini e cerco di usare il cervello di fronte alla cronaca politica, osservando la situazione dall'esterno e comparandola con il Paese in cui vivo, temo che ci sia più di una verità in quello che ho scritto.

    Ritengo che tu sottovaluti il peso finanziario della malavita organizzata nel nostro Paese: 90mld € di utili netti all'anno secondo Confcommercio (quasi il 5% del PIL), che bramano di finire in banca, nel quadro di una crisi globale di liquidità delle banche, che bramano denari. Se io fossi un Berlusconi o un Geronzi qualsiasi, nella fragilissima situazione economica italiana, non ci penserei due volte a fare uno scudo fiscale per dare ossigeno al sistema. Non ci vedo proprio niente di strano. E credo sia questo ossigeno che tiene a galla l'Italia.

    Quanto al divano, non ne possiedo uno. Lavoro dieci ore al giorno davanti al monitor per 1500 euro al mese. Ma continuo a concedermi il lusso di pensare.

    Ciao.

  13. luca, non intendevo essere offensivo, né sottovaluto, il problema, credimi. cerco però di tener presente sia il 5% del pil, sia il restante 95%, che non sempre sono la stessa cosa. la malavita è un attore, lo so anch'io. e piuttosto forte, in alcune zone fortissimo, e probabilmente è ben introdotto. non abito sulla luna, del resto, ma in italia, in una zona definita recentemente "a forte rischio di infiltrazioni mafiose". e tali infiltrazioni si traducono, nel nostro piccolo, in costruttori e assessori arrestati. tuttavia penso anche che ridurre tutti i problemi a questo, considerare questo lo scenario principale, sia semplicistico. non posso ridurre a questo la sinistra e, per quanto ti paia strano, nemmeno la destra.

  14. Nemmeno io penso che si debba "ridurre a questo" la destra o la sinistra. Ma neanche mi pare che si possano ignorare evidenze macroscopiche permanenti che hanno una loro importanza e che devono sempre essere tenute da conto nel quadro d'insieme.

    A forza di ripetere che media, mafia, corruzione, massoneria, vaticano, servizi deviati e compagnia bella "non sono il problema" (tesi storica della destra, tra l'altro) si rischia di chiudere gli occhi di fronte a buona parte del problema, che invece attende da noi una soluzione.

    D'altronde, smettere di parlare di una cosa non è sufficiente per eliminarla dalla realtà, né continuare a parlarne è la causa de la sua esistenza. Cio' vale a maggior ragione per le cose che si basano sul segreto e sull'ignoranza, le quali prosperano e si nutrono principalmente del silenzio.

  15. luca, io però sono limitato e penso una cosa sola alla volta: hai ragione su tutto, ma come si torna a vincere? partiamo da qui, se ti va, così mi spiego meglio. io dico che si vince costruendo un altro discorso. il punto è, mi pare, che serve un nucleo, un asse che dia ordine alle cose. serve una cosa che chiamerei pomposamente nuovo patto di cittadinanza e di sviluppo e che coinvolga gli aspetti fiscali, generazionali, dei lavori, delle etnie, dell'ambiente, dei diritti, dei servizi. un nucleo e un patto non fatti di parole ma di cose concrete – perché contro il neocomuntarismo identitario e xenofobo e contro l'ideologia dell'individualismo criminale, si devono ricostruire i nessi di solidarietà tra tutti i "lavori", altrimenti è un po' aria fritta.
    abbiamo già visto in questi anni che col solo buonismo e con la sola superiorità morale contro i razzisti e i filibustieri non si va molto lontano, e anche la denuncia è spesso spuntata. si consegnano di fatto le classi popolari all'avversario, che di mezzi pratici e ideologici ne ha in abbondanza – e non sono solo le tv, sono anche gli argomenti per cui ciò che è contro il tuo interesse ti viene mostrato come tuo interesse. certo, succede perché il megafono ti assorda, ma anche perché le altre voci sono piuttosto poco incisive, per usare un eufemismo. come lo faccio smettere il megafono? a colpi di statuette del duomo pare che non ci si riesca. a colpi di giudici, boh, ci si prova da 17 anni… Occorre forse qualcos'altro, cominciare a mostrare nei fatti che le tentazioni "egoistiche" sono in realtà tentazioni masochistiche, e fornire un'altra possibilità concreta, che mostri come i lavori crescono solo assieme, o diventano tutti quanti carne da cannone (ricostruire la solidarietà, come dicevo prima, non come imperativo morale ma una scelta razionale ed ecnomica). ma questo non lo si fa a parole, lo si fa costruendo un progetto di paese che sta in piedi.
    io non intendo nascondere la realtà, credo anzi di conoscerla, nel mio piccolo. vorrei però, in questo contesto, cercare di concentrarmi su "cosa ho io da dire", oltre al fatto che loro fanno schifo (cosa che ho già detto talmente a lungo che mi fa somigliare a un disco rotto).

  16. Georg, sono d'accordo: pensare a come si vince, elaborare un patto che unifichi tutti i lavori, le generazioni, le etnie, in fatto di fisco, ambiente, sviluppo, servizi, eccetera. Sono d'accordo. E' quello che ci vuole.

    Ma perché nessuno lo fa? Chi è che dovrebbe farlo? Chi siamo "noi"? Cioè: chi è il soggetto politico? La sinistra? Personalmente non ho pregiudizi su nessuno, sono aperto a tutte le possibilità, da Follini a Turigliatto passando per Franceschini e Bersani. Ma qualche giudizio pero' ce l'ho. Fin troppo facile sparare su Di Pietro che non parla l'italiano o su Grillo che mesce visioni e deliri. Ma prendiamo quelli grossi: Violante, Napolitano per esempio. Sono loro gli antagonisti della destra? Non mi è chiaro.

    Violante non è quello che ha garantito a Berlusconi che le televisioni non gli sarebbero state toccate? Non è lui che l'ha rivendiacato in Parlamento senza il minimo scrupolo autocritico? E' stato un errore, un'ingenuità? E allora perché nessuno lo ammette? Oppure è stato un calcolo oculato che ha dato i suoi frutti? E perché nessuno li redistribuisce?

    Napolitano non è quello che in occasione del conflitto tra le procure di Salerno e di Catanzaro, dove la prima indagava legittimamente sulla seconda in quanto sospetta di collusioni con la 'ndrangheta (mentre la seconda rispondeva illegalmente contro-sequestrando atti che non erano di sua pertinenza), è intervenuto per censurare la condotta della procura di Salerno?

    Insomma, io non vedo solo incapacità: ho anche l'impressione di scorgere una certa complicità. Che direi quasi "di classe". D'altra parte, vogliamo ricordare il pacchetto Treu? O la depenalizzazione dell'abuso d'ufficio? O magari l'indulto esteso ai reati finanziari? Ed ho già menzionato l'assenteismo sullo scudo fiscale.

    Non ho certezze, ma ho molti indizi per dire che il PD non ha come referente il mondo del lavoro, ma il mondo della grande impresa e delle banche, cui svende non di rado gli interessi dei più. E' a loro che rende conto, non a noi. Mi pare. Tu che ne pensi?

  17. caro Luca, ragioniamo pure sulle forze in campo, da semplici spettatori e da militanti di base. Non è "il" discorso, ma è comunque utile, visto che la zuppa si fa con quello che c'è in casa, pena il digiuno. Provo a dire la mia (mi scuso per la lunghezza, ma mi conosci…).

    non sono del pd e ho raramente votato per loro o per i partiti precedenti che si sono riuniti sotto questa sigla. e siccome sai da dove vengo, puoi intuire il giudizio storico che do su questa classe dirigente e su quella che l'ha preceduta. il giudizio storico però va bene per gli storici, non per la zuppa, quindi non mi sottraggo ai rilievi che fai.
    scudo fiscale: pensi che il pd abbia presentato un'eccezione di costituzionalità e poi abbia inviato in segreto un ordine scritto o implicito ai suoi parlamentari, alcuni dei quali semplici peones, invitandoli alla diserzione e che poi questa indicazione non sia emersa per via dell'omertà diffusa? Uso il rasoio di occam e do una spiegazione più semplice: quel partito è stato fin dalla sua nascita più un'ipotesi che una realtà effettiva fatta di idee e comportamenti coerenti, è da sempre percorso da lotte intestine, da fedeltà incrociate e in lui vivacchiano molti stupidi. La stupidità spiega molte più cose di quanto pensiamo.
    Il pacchetto Treu è senz'altro frutto di una stagione precedente di infatuazione per forme di liberismo vagamente blairiane. Nel postcomunismo, si pensava che il debole riformismo potesse uscire dall'angolo della minoranza elettorale spostandosi verso il centro. Ridurre quelle posizione a cinghia di trasmissione con gli interessi forti è possibile solo se si prescinde da una valutazione complessiva dell'accidentato percorso del riformismo di sinistra non solo italiano e se si abolisce con un tratto qualsiasi idea di autonomia del politico. (peraltro, faccio notare, se non si fanno le cose "per" la grande impresa, nemmeno le si fa pregiudizialmente "contro", almeno da quando l'abolizione del capitalismo non è più all'ordine del giorno). La linea che prevale su quei temi, oggi, mi pare peraltro piuttosto diversa: da chi propone la flexicurity danese a chi guarda alla svezia, nessuno è rimasto fermo là. La stessa storia del prodismo, pur catastrofico da molti punti di vista, indica che l'asse si era progressivamente spostato dal mero inseguimento del centro, a un tentativo di sintesi che coinvolgesse anche l'estrema (e almeno numericamente questi esperimenti hanno avuto un senso: in italia la sinistra non governativa, che 30 anni fa era al massimo al 30%, nel 2006 ha vinto risicatamente con il 48%. poi è venuto veltroni e sappiamo com'è finita).
    Quanto ai violantismi, è certo che una delle soluzioni provate negli anni passati è stata quella della costituzionalizzazione di berlusconi. Si pensava di poterlo sedare e controllare. Un'utopia fallace, una stupidaggine che oggi ha pochi sostenitori (qualcuno c'è ancora, in effetti). Col che, dire come alcuni fanno che berlusconi è lì perché ce l'ha messo la sinistra secondo me vuol dire abitare su un altro pianeta (almeno quanto chi ritiene che le inchieste non fanno che rafforzarlo). Io perlomeno preferisco dare giudizi politici: se qualcuno ha elementi di fatto per dire che c'è gente che sta sul libro paga, meglio per lui. La cosa non cambia, per me: rimane un errore politico che spero non si ripeta. (Mi domando poi come mai il pd, che sostiene segretamente la destra, abbia promosso con altri un referendum per abolire le riforme costituzionali approntate dal secondo berlusconi e, nel 2006, l'abbia anche vinto. Sono davvero schizofrenici questi ex comunisti).
    Sul passato non metto la mano sul fuoco e nemmeno su alcuni che stanno lì dentro, ma fare del pd di oggi un mero referente di banche e grande impresa è semplificatorio. Non sto a fare l'elenco dei referenti sociali e delle forze organizzate che gravitano in quell'orbita e che non sono affatto ascrivibili al nucleo di poteri citati.
    Mi pare invece che oggi in quel partito qualcuno provi a impostare un discorso che, seppur molto timidamente, spinge verso una sorta di neolaburismo (in fondo qualche buona notizia c'è: rutelli e binetti se ne sono andati in polemica con la nuova linea). E che invoca, forse senza averne purtroppo né la forza né il carisma, una stagione di elaborazione comune, aperta oltre il loro partito, che non mi pare poi troppo distante, almeno nell'impostazione, da quella su cui anche noi due concordiamo.
    Ma un partito che è somma di altri due, erede di svariate tradizioni, che raccoglie il 30% dei consensi, è per forza di cose un organismo complicato e non univoco (a meno che sia farlocco e mera emanazione di un capo e dei suoi interessi). La politica consiste appunto nel tentare di far prevalere una linea su un'altra, quelli più vicini rispetto agli avversari. Nel nostro piccolo, o piccolissimo, è quello che dovremmo fare, secondo me.

    Parlerei però anche degli altri, dato che la prospettiva futura non si limita certo al pd.
    Io non ho mai pensato che il problema dell'idv fosse l'italiano del suo fondatore; piuttosto, secondo me, il problema è il fatto che si tratta di un partito a gestione familiare con uno scarso interesse per la democrazia interna (ora forse cambieranno, vediamo); poi che è un partito a monocultura: tolti i temi della giustizia, coi quali peraltro ha un approccio più giudiziario che politico, non ha praticamente alcun programma che non sia strumentale, costruito mettendo assieme pezzi di ceto politico di origine sostanzialmente ex diessina ed ex democristiana, non sempre quello di qualità migliore, cioè, detto diversamente, non ha alcun progetto-paese sensato per battere la destra; e infine che è un partito che ha uno scarso senso dell'unità delle forze, che a volte mi pare più interessato a una rendita tattica nel centrosinistra che a un atteggiamento più costruttivo.
    E non ho mai pensato che il problema dei grillini fossero i presunti deliri di grillo: trovo invece che abbiano le potenzialità e l'approccio per diventare i grunen italiani, quello che i verdi non sono mai stati. Mi preoccupano semmai altre cose: grillo intende sottoporsi a verifiche democratiche o detta la linea senza nemmeno farsi votare? E il loro programma, interessante ma limitato, si può sperare di incrociarlo con altri innesti o rivendicano l'autarchia per non contaminarsi con la sporca politica? L'atteggiamento "noi contro tutti" è una scelta tattica per rubare voti a dipietro, una strategia che punta a raggiungere il 51% nell'arco di due millenni, o una normale fase adolescenziale di quel movimento, che supereranno collaborando con gli altri? Perché le uscite di dipietro sul pd ormai me le aspetto, a volte sono anche giustificate, quelle su de magistris mi sconcertano un po'.
    Poi c'è la sinistra/sinistra: io penso che un'aggregazione di sinistra del 5-10%, non parolaia, pragmatica ma anche decisa, una Linke italiana, sarebbe davvero un'ottima cosa. Ho qualche dubbio che vendola riesca a rimettere insieme i pezzi. Ma lì non possiamo fare nulla se non sperare nell'illuminazione divina: i fossili degli odi reciproci e delle piccole convenienze, e la scarsità di visione, remano contro.

    Quindi: con chi si fa cosa? chi è il soggetto? Questa è, secondo me, la situazione. Dato che politica non è in sé parlare di politica, ma è essenzialmente aggregazione, organizzazione e azione (anche di parola, ovviamente), direi che la risposta, per quel che attiene noi, sta in quello che riusciremo a fare con chi ci sta attorno dato lo stato delle forze esistenti. Cosa possiamo dunque fare?

  18. Georg, grazie della lunga risposta. Sono in gran parte d'accordo con quello che dici, in piccola parte meno. Ad esempio, dubito della dabbenaggine & buona fede di molti ex-stalinisti. Comunque riflettero' attentamente sui tuoi argomenti.

    Quanto al da farsi, ci vuole una MoveOn italiana, un portale per il lobbying sociale della popolazione informata. Bisogna produrre un'altra rappresentazione della volontà generale, meno manipolabile e più autorevole che il voto.

    Ritengo che questa sia una delle priorità politiche del Paese. Darebbe immediatamente uno sbocco democratico sia alla crisi istituzionale che al controllo dell'informazione e permetterebbe di dar voce ai settori emergenti della forza lavoro.

  19. chiedo scusa a chi l'ha messo, ma l'ultimo commento mi provoca un blocco da parte di google per sospetto malware, forse contenuto nel codice del video (peraltro, nel merito, non capisco bene cosa proverebbe. io sono dello stesso parere di cuperlo: la messa in sicurezza di quella tradizione, con tutti i suoi limiti, fu un merito. e si trattò ovviamente di un merito ottenuto con strumenti politici, quindi assolutamente legittimi – di certo non sarebbe stato meglio per la sinistra se il pci avesse continuato a chiamarsi pci facendo finta di niente)

  20. Georg, scusa se per la fretta ti ho caricato il video con insufficiente commento. Il problema pero', se lo ascolti attentamente, è che la "messa in sicurezza di una tradizione" per Cuperlo coincide col riciclaggio del gruppo dirigente del partito, che infatti oggi occupa "posti di responsabilità", purtroppo ahinoi "senza basi ideali e culturali", cioè avendo abbandonato qualsivoglia idea di rappresentanza di interessi sociali.

    Tradotto in italiano, significa che hanno mandato al macello milioni di persone che li avevano votati per difendere i loro interessi – gli interessi popolari -, pur di rivendersi agilmente sul mercato politico, ormai dominato dagli interessi forti – gli interessi delle banche e della grande industria – : scelta molto semplicemente vile ed arrivista, e infatti suicida sul medio periodo, come dimostra l'attuale impotenza e sottomissione al regime.

    Non si trattava certo di difendere il comunismo e la falce e martello in quanto tali, ma di traghettare nella postmodernità, oltre a Cuperlo, D'Alema, Fassino e famiglie, anche un paio di principi fondamentali validi per tutti, tipo che so, libertà, uguaglianza, fraternità. Principi di cui oggi si stentano a riconoscere le tracce, non solo nella politica concreta del PD, ma addirittura nelle sue prese di posizione a parole.

    Ciao
    Zap

  21. vabbe', cosa vuoi che ti dica πŸ™‚
    a mio parere non esiste partito di sinistra proveniente da quella tradizione, in tutto l'orbe terracqueo, che abbia fatto quel passaggio (la fine del comunismo: la fine di 200 anni di storia del movimento comunista internazionale: non so se abbiamo chiaro il concetto. l'azzeramento di un sistema di pensiero, pur variegato e di molto addolcito e reso compatibile) in modo indolore, risorgendo con le idee chiare e un modo moderno di intendere l'essere di sinistra. qualcuno è stato facilitato dal fatto di partire con molto vantaggio (quelli che già avevano una tradizione socialista alle spalle) e apparentemente se la sono cavata meglio (ma ne siamo sicuri? come navigano i tedeschi, come stanno messi per davvero gli spagnoli. non parliamo dei franc esi per carità di patria adottiva). altri, pur avendo quella tradizione più "potabile", sono finiti in un cul de sac blairiano da cui non sanno bene come uscire (il neolaburismo di brown pare una trovata dell'ultim'ora). da noi è andata come è andata, un po' all'italiana, lo sappiamo tutti. ma ciò detto, a me paiono problemi enormi, prima di tutto ideologici e politici. problemi che, personalmente, nemmeno adesso io saprei come risolvere bene. ridurre la questione a "hanno salvato il proprio culo" vendendo le masse per salvaguardare il posto fisso non mi pare granché come lettura, anche se è più semplice da impostare. temo non dia alcun frutto però pensare che il problema riguardi qualche decina di dirigenti venduti al capitale.

    ecco una lettura meno rassicurante (non che la condivida del tutto, ma mi pare che il punto di partenza sia ndiscutibile):
    http://www.nazioneindiana.com/2010/04/15/senza-materialismo-ovvero-la-sinistra-opinionista/

  22. Grazie del link, lo condivido quasi in toto, dalla centralità politica del monopolio mediatico fino alla prospettiva epistemologica conclusiva. Non mi pare de resto alternativo a quello che ho scritto circa la svendita della rappresentanza sociale. Anzi, ne è una teorizzazione esplicita, che chiama appunto classicamente "materialismo" la rappresentazione di interessi sociali oggettivi e "idealismo" o "opinionismo" l'appiattimento sull'ideologia di coloro che vivono senza lavorare. La via d'uscita è ottimamente delineata nella prospettiva di un naturalismo cognitivo capace di fondare nuova filosofia della prassi e nuova scientificità. Anche se forse ancora non si vede, la mia ricerca accademica è interamente concentrata in questa direzione.
    Zap.

  23. sì, be',allora facciamo così, tu fai ricerca accademica, il buon ronchi fa il filosofo, quando avete raggiunto la sintesi riguardo al nuovo materialismo abbiate cura di procurarvi una macchina del tempo e tornate indietro alla bolognina per consegnare la formula magica a occhetto o meglio a quello scioperato occupasedie di d'alema, così evitano di dover tenere assieme la loro rappresentanza sociale di fronte al più massiccio spiegamento di forze padronali mai visto con le sole loro scarse idee e forze ma che dico, con la loro sola brama di potere πŸ™‚ 

  24. Georg

    Ti segnalo questo articolo sull'Unità di Loretta Napoleoni, secondo cui cio' che salva l'Italia dalla tragedia greca è la fiducia dei mercati finanziari nella sua vasta economia illegale, che pompa continuamente liquidità nel sistema permettendo di finanziare il debito. Come vedi, non è un argomento molto distante dalla tesi che sostengo da tempo (da te recentemente liquidata come complottista), secondo cui il galleggiamento dell'Italia nella crisi si basa essenzialmente su un'alleanza con la criminalità organizzata (stella polare: lo scudo fiscale), che garantisce un provvidenziale surplus di denaro circolante, nel contesto internazionale di una torrida crisi di liquidità.

    Ritengo che questo sia il solo vero motivo per cui dal 2008 non c'è alternativa al berlusconismo e non c'è opposizione su giustizia, legalità, corruzione e controllo mediatico: perché tutti sanno che l'Italia si inabisserebbe senza l'apporto della finanza criminale. Ed è questo che rende allo stesso tempo sacrosantamente vere e disarmantemente ingenue le lamentele dei vari Di Pietro e Travaglio, perché la malavita organizzata è il vero punto di eccellenza dell'Italia nella crisi e il berlusconismo non ne è che l'espressione politica conseguente.

    Luca

  25. sì l'avevo letto. a quanto ne so io, però, economia sommersa ed economia illegale sono due cose ben diverse (la terminologia è molto sdrucciolevole perché qualcuno considera la seconda parte della prima, alcuni le considerano proprio separate. Se mi rifaccio all'istat trovo: "sommerso economico": attività di produzione di beni e servizi che, pur essendo legale, sfugge all’osservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva. "economia illegale": attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge). napoleoni parla di "economia sommersa, mercato nero". difficile dire in quale accezioni usi il termine, ma secondo me, dal contesto, intende il "sommerso economico" come specificato sopra. difficile pensare all'economia illegale come "mercato nero".

    quanto al resto, voglio precisare che io ovviamente non contesto l'esistenza dell'economia sommersa né il suo ruolo sistemico, né l'esistenza dell'economia illegale né probabili collusioni politiche. contesto evidentemente la coincidenza delle due cose nonché il teorema "hanno fatto un accordo e per questo dal 2008 la sinistra non fa opposizione". perché imho non corrisponde alla realtà.

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